Una partita a scacchi giocata in prima battuta dalla finanza internazionale, con pedoni e pedine sacrificabili (molti già caduti) e solo pochi, pochissimi a vedersela poi col Re. Il ritorno alla dracma farebbe i ricchi ancora più ricchi. E gli altri? All’inferno. Ecco come. Cosa succederebbe se la Grecia dovesse un bel giorno cambiare valuta uscendo dall’euro? Facciamo l’esempio di un industriale, con mille dipendenti, che commercia in idrocarburi. Gli operai che oggi ricevono lo stipendio in euro, lo riceverebbero automaticamente in dracme. Ma la dracma rispetto all’euro patirebbe una svalutazione complessiva del 75% come molti analisti hanno certificato, distribuita in un 50% iniziale un secondo dopo l’annuncio dell’uscita dall’euro e un altro 25% nei giorni immediatamente successivi.
Quindi chi guadagna mille euro al mese, riceverebbe in dracme l’equivalente di 250 euro. Di conseguenza i mille dipendenti che pesano sul bilancio aziendale per un milione di euro di monte stipendi, con la dracma influirebbero per soli 250mila euro. Con un risparmio netto per il titolare dell’azienda del 75%. Non male in tempi di vacche magre. In secondo luogo i prezzi dei carburanti, dal momento che si tratta di prodotti importati e l’industriale li importa in euro, resterebbero immutati. Se un litro di verde costava due euro, lo stesso costerà in dracme e indipendentemente dal cambio. Che sarà “livellato” per conti correnti, prodotti commerciali, ovvero per quei fattori direttamente controllabili dallo stato, su cui il gioco degli speculatori non potrà esserci.
In conclusione quell’industriale quanto guadagnava con l’euro, tanto guadagnerà con la dracma, con la differenza che risparmierà nettamente sul costo del lavoro. Certo, con il listino della verde impazzito e con gli stipendi ribassati, possiamo supporre che la coda ai benzinai diminuirà sensibilmente, come dimostra l’acquisto massiccio nell’ultimo bimestre di biciclette in tutte le città elleniche. Ma mettiamoci per un attimo, però, nei panni di quell’operaio e del suo nucleo familiare: i veri sconfitti da questo scenario. Che magari dopo 25 anni di attività, con contributi versati regolarmente, potrebbe trovarsi nella scomoda posizione di guadagnare un salario da fame con una liquidazione irraggiungibile e, anche se strappata con i denti, comunque in dracme. Fame su fame. Domanda da un milione di dollari, allora: da che parte sta la Confindustria ellenica, quella da cui dovrebbe ripartire quel poco di economia nazionale? Dalla parte dell’eurozona, della moneta unica? O del ritorno della cara, vecchia dracma?
E ancora: i dipendenti di quell’azienda per chi dovrebbero fare il tifo alle elezioni del prossimo fine settimana? Per l’euro, quindi per quel memorandum che aumentando le tasse e contraendo ancora l’economia (nel 2012 la Grecia è in recessione per il sesto anno di fila, con disoccupazione record al 22%, al 50% tra i giovani sotto i 30 anni) potrebbe portare alla chiusura del loro posto di lavoro? O per la dracma che, nei fatti, renderebbe più ricco il proprio titolare, ma più poveri loro stessi con “salari bulgari”?
E il tutto mentre il cancelliere dello scacchiere inglese, Osborne, dice al Times che la Grecia potrebbe lasciare l’euro, solo così si può convincere la Germania a intervenire. Al di là di come andranno realmente le cose, di chi vincerà le elezioni, se o meno il piano della troika verrà rinegoziato o se i suicidi da crisi aumenteranno, c’è la sgradevolezza di un gioco al massacro. Condotto da chi, comunque vada, vincerà. Con accordi verbali già a buon punto tra multinazionali che abbasserebbero sensibilmente la soglia dei salari, “dracmandoli” e ricavando anche dagli stranieri che tornerebbero a investire in Grecia. Con i cittadini che resterebbero i soli a pagare le conseguenze. E con i trecento miliardi di euro “greci” ancora in Svizzera: che nessuno reclama, nessuno tassa e nessuno invoca.
Twitter@FDepalo
Economia & Lobby
Grecia, così il ritorno alla dracma favorisce i ricchi e impoverisce i poveri
Una partita a scacchi giocata in prima battuta dalla finanza internazionale, con pedoni e pedine sacrificabili (molti già caduti) e solo pochi, pochissimi a vedersela poi col Re. Il ritorno alla dracma farebbe i ricchi ancora più ricchi. E gli altri? All’inferno. Ecco come. Cosa succederebbe se la Grecia dovesse un bel giorno cambiare valuta uscendo dall’euro? Facciamo l’esempio di un industriale, con mille dipendenti, che commercia in idrocarburi. Gli operai che oggi ricevono lo stipendio in euro, lo riceverebbero automaticamente in dracme. Ma la dracma rispetto all’euro patirebbe una svalutazione complessiva del 75% come molti analisti hanno certificato, distribuita in un 50% iniziale un secondo dopo l’annuncio dell’uscita dall’euro e un altro 25% nei giorni immediatamente successivi.
Quindi chi guadagna mille euro al mese, riceverebbe in dracme l’equivalente di 250 euro. Di conseguenza i mille dipendenti che pesano sul bilancio aziendale per un milione di euro di monte stipendi, con la dracma influirebbero per soli 250mila euro. Con un risparmio netto per il titolare dell’azienda del 75%. Non male in tempi di vacche magre. In secondo luogo i prezzi dei carburanti, dal momento che si tratta di prodotti importati e l’industriale li importa in euro, resterebbero immutati. Se un litro di verde costava due euro, lo stesso costerà in dracme e indipendentemente dal cambio. Che sarà “livellato” per conti correnti, prodotti commerciali, ovvero per quei fattori direttamente controllabili dallo stato, su cui il gioco degli speculatori non potrà esserci.
In conclusione quell’industriale quanto guadagnava con l’euro, tanto guadagnerà con la dracma, con la differenza che risparmierà nettamente sul costo del lavoro. Certo, con il listino della verde impazzito e con gli stipendi ribassati, possiamo supporre che la coda ai benzinai diminuirà sensibilmente, come dimostra l’acquisto massiccio nell’ultimo bimestre di biciclette in tutte le città elleniche. Ma mettiamoci per un attimo, però, nei panni di quell’operaio e del suo nucleo familiare: i veri sconfitti da questo scenario. Che magari dopo 25 anni di attività, con contributi versati regolarmente, potrebbe trovarsi nella scomoda posizione di guadagnare un salario da fame con una liquidazione irraggiungibile e, anche se strappata con i denti, comunque in dracme. Fame su fame. Domanda da un milione di dollari, allora: da che parte sta la Confindustria ellenica, quella da cui dovrebbe ripartire quel poco di economia nazionale? Dalla parte dell’eurozona, della moneta unica? O del ritorno della cara, vecchia dracma?
E ancora: i dipendenti di quell’azienda per chi dovrebbero fare il tifo alle elezioni del prossimo fine settimana? Per l’euro, quindi per quel memorandum che aumentando le tasse e contraendo ancora l’economia (nel 2012 la Grecia è in recessione per il sesto anno di fila, con disoccupazione record al 22%, al 50% tra i giovani sotto i 30 anni) potrebbe portare alla chiusura del loro posto di lavoro? O per la dracma che, nei fatti, renderebbe più ricco il proprio titolare, ma più poveri loro stessi con “salari bulgari”?
E il tutto mentre il cancelliere dello scacchiere inglese, Osborne, dice al Times che la Grecia potrebbe lasciare l’euro, solo così si può convincere la Germania a intervenire. Al di là di come andranno realmente le cose, di chi vincerà le elezioni, se o meno il piano della troika verrà rinegoziato o se i suicidi da crisi aumenteranno, c’è la sgradevolezza di un gioco al massacro. Condotto da chi, comunque vada, vincerà. Con accordi verbali già a buon punto tra multinazionali che abbasserebbero sensibilmente la soglia dei salari, “dracmandoli” e ricavando anche dagli stranieri che tornerebbero a investire in Grecia. Con i cittadini che resterebbero i soli a pagare le conseguenze. E con i trecento miliardi di euro “greci” ancora in Svizzera: che nessuno reclama, nessuno tassa e nessuno invoca.
Twitter@FDepalo
Articolo Precedente
Crisi: la ricetta è la crescita infinita in un mondo finito
Articolo Successivo
Il tribunale di Milano dichiara fallimento di Imco e Sinergia di Salvatore Ligresti
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Cronaca
Roma, cade un albero per il vento in un parco: morta una 45enne, grave un’altra donna. I residenti: “Mancati i controlli chiesti più volte”
Diritti
Codice della strada, diffida al governo di migliaia di pazienti in cura con la cannabis: “Convocate il tavolo per le deroghe o siamo pronti alla class action”
Fatti quotidiani
A Natale regala il Fatto Quotidiano! Abbonamento in offerta a prezzo speciale – L’appello dei direttori
Roma, 23 dic (Adnkronos) - "Da bambini ci hanno insegnato che sbagliando si impara. Qui mi sembra che non si tenga conto nemmeno dei più basilari elementi". Lo dice il segretario di Demos Paolo Ciani commentando le conclusioni del vertice sui centri per i migranti in Albania a palazzo Chigi. Ciani, che è anche vice capogruppo Pd-Ibp alla Camera, ha anche visitato nei mesi scorsi i centri di Shengjin e Gjader.
"Si tratta di un monumento all'ideologia, totalmente inutile, fatto pagare con le tasse degli italiani. Altri centri come questi sono stati già costruiti, come quello di Pozzallo, e sono vuoti -spiega il parlamentare all'Adnkronos-. Perchè perseverare nell'esaltazione di questo monumento all'ideologia quando abbiamo visto che, al di là del pensiero rispetto alle migrazioni, si tratta di uno strumento inefficace e difficilmente utilizzabile? Pensiamo solo alla scelta dei migranti da portarci, che viene effettuata in alto mare".
Ciani prosegue: "Si dimentica sempre con troppa fretta che le richieste di asilo sono sempre richieste individuali e come tali vanno valutate. Mi ha colpito, a questo proposito, che anche per la Siria si sia subito detto 'basta asilo'. Avendo poi visitato il centro in Albania, il fatto che tra le pochissime persone che ci hanno portato diverse siano state riportate indietro è la dimostrazione dell'inefficacia del sistema, quando in Italia intanto sono arrivate molte più persone".
Copenaghen, 23 dic. (Adnkronos/Afp) - La Groenlandia ha dichiarato di non essere in vendita, dopo che Donald Trump ha nuovamente affermato di volere che gli Stati Uniti prendano il controllo dell'isola che ospita importanti riserve minerarie e petrolifere. Ma il tycoon, che si era offerto di acquistare il vasto territorio danese durante il suo primo mandato, ricevendo già allora un primo brusco rifiuto, ha ripreso a insistere nel fine settimana, nominando il suo ambasciatore a Copenaghen per la sua nuova amministrazione.
Il primo ministro della Groenlandia, Mute Egede, ha però stroncato immediatamente ogni possibilità di accordo. "La Groenlandia è nostra. Non siamo in vendita e non lo saremo mai. Non dobbiamo perdere la nostra lunga lotta per la libertà", ha affermato Mute Egede. La Groenlandia, l'isola più grande del mondo, è un territorio danese autonomo con un proprio parlamento, circa 55.000 abitanti e un piccolo movimento indipendentista.
Roma, 23 dic (Adnkronos) - ''La Sentenza n.14533/2024 del 4/12/2024 non è stata ben letta dalla premier e stupisce che nell’imponente ufficio legislativo della Cassazione, a disposizione di Palazzo Chigi, non ci sia nessuno che Le abbia fatto presente che i giudici possono disapplicare le decisioni del governo caso per caso quando il migrante proviene da un paese che non è sicuro: proprio quello che hanno fatto i giudici italiani". Lo dice Angelo Bonelli.
"Dire che la Cassazione ha dato ragione al governo non solo è una bugia ma è analfabetismo giuridico. La Cassazione, nel caso di specie, ha dato infatti ragione ai giudici del tribunale Roma sulla domanda di protezione internazionale di una persona migrante affermando che il giudice può disapplicare il decreto del governo per rispettare le norme europee e nazionali", ha aggiunto il parlamentare AVS e co-portavoce di Europa Verde.
''Una volta era Giorgia Meloni a fare campagna contro lo Stato perché dava 30 euro al giorno ai migranti: ora che al governo c'è lei per i centri in Albania vengono dati più di 85 mila euro per migrante. Un miliardo di euro: ecco quanto è costata fino a oggi l’operazione Albania, lo “strumento innovativo” – come definito dalla premier Giorgia Meloni – per 'contrastare l’immigrazione clandestina'", ha concluso Bonelli.
Londra, 23 dic. (Adnkronos) - Re Carlo rompe la tradizione: quest'anno pronuncerà il tradizionale messaggio di Natale dall'ex cappella di un ospedale. Lo ha reso noto Buckingham Palace. Il discorso del sovrano è stato registrato nella Cappella Fitzrovia, nel centro di Londra, dopo che il re aveva personalmente richiesto una location diversa dalla tenuta reale.
La sede è un piccolo edificio, originariamente destinato al personale e ai pazienti del Middlesex Hospital, ora demolito. Dato il contesto e la malattia del re, si prevede che Carlo si concentrerà sugli sforzi degli operatori sanitari, ma loderà anche la coesione della comunità in seguito alle rivolte seguite agli accoltellamenti di Southport.
Roma, 23 dic (Adnkronos) - "Sull'immigrazione abbiamo visto il più grande fallimento di Giorgia Meloni. Ha identificato per mesi nei giudici il problema dell'Albania, ma vediamola oggi: un miliardo di euro buttati nel cesso sottratti ad esempio alla sanità pubblica, centinaia di poliziotti piazzati lì che non sono a lavorare nelle nostre stazioni". Lo ha detto Chiara Appendino, del M5s, a L'aria che tira, su La7.
"Meloni dice che il centro funzionerà, ma oggi non funziona e se anche dovesse funzionare parleremmo comunque di tremila migranti, che sicuramente non possono risolvere il problema di tutti quelli che arrivano. Solo a novembre ne sono arrivati ottomila. Superiamo il regolamento di Dublino, cosa che ha iniziato a fare il Presidente Conte, per distribuire i migranti. Invece cosa fa questo governo? Vende l'esternalizzazione delle frontiere che è una bandierina sovranista inutile mentre in Europa ha accettato un nuovo patto di asilo che ha fatto sì che il periodo in cui l'Italia si deve occupare dei migranti passi da 12 a 20 mesi, quindi più oneri per lo Stato", ha aggiunto.
Roma, 23 dic (Adnkronos) - "E’ surreale: invece che dichiarare il fallimento dell’operazione, in un vertice di governo Meloni ha deciso di andare avanti con la sciagurata strada dei centri in Albania. Con un gioco delle tre carte, l’esecutivo ha scelto di travisare volontariamente la pronuncia della Corte di Cassazione sul decreto flussi, nella parte che riguarda i Paesi sicuri”. Lo dichiara il segretario di Più Europa Riccardo Magi.
"Un tragico gioco dell’oca, dove l’esecutivo fa finta di niente e ritorna alla casella di partenza, ignorando le sentenze dei tribunali sui migranti deportati illegalmente in Albania dal governo e subito “rimpatriati” in Italia, facendo spallucce sullo spreco di risorse per queste sadiche cattedrali nel deserto, e piegando a suo favore la pronuncia della Corte, che sui Paesi sicuri - spiega Magi - ha affermato sì che il governo può modificare la lista, ma ha anche ribadito che resta in capo ai giudici la discrezionalità giurisdizionale".
"In sostanza, il governo può anche dichiarare che l’Egitto è un Paese sicuro perché quando Salvini ci è stato in vacanza non gli è successo nulla, ma ai tribunali resta il potere/dovere di valutare se un Paese è effettivamente sicuro per i singoli cittadini che arrivano in Italia a richiedere l’asilo e se quindi può essere loro applicata la procedura accelerata con trattenimento in Albania”, conclude Magi.
Tel Aviv, 23 dic. (Adnkronos) - L'aeronautica militare israeliana ha intercettato stamattina un drone partito dallo Yemen e diretto verso il territorio israeliano. Lo ha reso noto l'Idf, precisando che il velivolo senza pilota è stato intercettato prima che entrasse nello spazio aereo israeliano e, in linea con la politica israeliana, non sono state attivate le sirene.