Dopo la Tnt e la Gls, solo per citare i casi più famosi in zona, da questa mattina è scoppiata anche la protesta dei facchini dello stabilimento Ikea di Le Mose di Piacenza. Sono circa 200, per il 90 per cento iscritti al sindacato Si Cobas, che hanno bloccato la produzione, cioè l’imballaggio e la spedizione, dei famosi arredamenti della multinazionale svedese. Due grandi magazzini alle porte della città, gestiti da tre cooperative, con condizioni di lavoro che i sindacati hanno definito “gravose e pesanti, peggiorate da stipendi che non arrivano ai mille euro nonostante le numerose ore di lavoro”. Ma non solo.

Le cooperative sono la Cristal, la San Martino e la Euroservice e gestiscono il personale che ogni giorno permette che gli arredamenti Ikea arrivino con celerità nelle nostre case. Ma la qualità del servizio al cliente non è la stessa che sono costretti a sopportare i facchini che operano all’interno degli stabilimenti.

“Queste cooperative utilizzano lavoratori anche fuori dagli orari del contratto e con lavoro a chiamata, che sarebbe in contraddizione con il rapporto sociale della stessa cooperativa” ha spiegato Fulvio Di Giorgio dei Si Cobas, il quale ha poi aggiunto: “Sono false cooperative, come quasi tutte quelle che operano al Polo logistico”.

Una manifestazione nata non per caso, visto che nel Polo logistico di Piacenza sono in molti in questi anni ad aver fatto emergere il “sistema” malato con il quale viene gestito il personale dalle cooperative. “Buste paga non regolari, straordinari non pagati, lavoro a chiamata e, addirittura, utilizzo delle ferie come minaccia di licenziamento” ha descritto uno dei tanti facchini che dalle prime luci dell’alba sta bloccando i cancelli.

E se nei primi due casi, cioè le ore non pagate o il lavoro a chiamata si tratta di pratiche tristemente famose, in vista dell’estate all’interno di certi stabilimenti, tra i quali oggi l’Ikea, sta prendendo sempre più piede un’altra pratica per negare agli operai il diritto alle ferie, in particolare verso quelli stranieri.

Questo è testimoniato dalle numerose lettere di richiamo che, come bandiere, vengono sventolate da coloro che avevano, prima chiesto di poter tornare nel proprio paese d’origine per rivedere i propri familiari e nel frattempo si sono visti recapitare la comunicazione di aver violato norme interne.

In pratica, dopo aver concesso i giorni chiesti dal lavoratore, la cooperativa gli spedirebbe queste lettere che però difficilmente trovano risposta, visto che la persona si trova solitamente all’estero. Così, una volta tornati e accumulate molti di questi avvisi, gli viene semplicemente spiegato che hanno perso il proprio posto di lavoro.

La protesta, che sta bloccando le spedizioni verso Spagna, Portogallo, Polonia e Romania, continuerà a oltranza, hanno assicurato i sindacati, anche se oggi pomeriggio è previsto un tavolo istituzionale in Provincia per discutere della vicenda.

La richiesta da parte del Si Cobas è sempre la solita, ha confermato Di Giorgio: “Il rispetto e l’applicazione del contratto nazionale. Anche perché una cooperativa come la San Martino applica un contratto multiservizi, così costano meno i lavoratori. Oppure la Crystal un istituto contrattuale al 60 per cento. Questo grazie agli accordi in deroga dei ‘tre porcellini’ Cgil, Cisl e Uil”.

di Gianmarco Aimi

 

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Terremoto, rischio infiltrazioni mafiose nella ricostruzione

next
Articolo Successivo

Terremoto Emilia, nelle indagini non ci sarà un’unica super perizia

next