Il testo passa quasi di misura: 354 voti.Il Popolo delle Libertà in ordine sparso: assenti 72 deputati (tra i quali Alfano e Berlusconi), 38 si sono astenuti. Cicchitto alla Severino: "Donna avvisata è mezzo salvata. Non porti emendamenti con la fiducia, se no voteremo contro". E rilancia: "Ora la responsabilità delle toghe". Fini: "Temo che la legge non sarà approvata prima della fine della legislatura"
La Camera ha dato il via libera definitivo al disegno di legge anticorruzione. Il testo è stato approvato con 354 voti a favore, 25 contrari e 102 astenuti: ora passa al Senato. Al voto finale sono stati diversi i deputati del Pdl, oltre ai radicali ed a quelli della Lega, che hanno scelto l’astensione. Contro il provvedimento hanno votato i deputati dell’Italia dei Valori. Da una parte, peraltro, è soddisfatto il Pd che ha visto passare anche un suo ordine del giorno che impegna il governo ad adottare entro 4 mesi un testo normativo che impedisca la candidatura a cariche pubbliche dei condannati (mozione sulla quale si sono trovati d’accordo i ministri della Giustizia e della Funzione pubblica Paola Severino e Filippo Patroni Griffi). Dall’altra si leva la voce sempre più decisa di protesta del Pdl che con il capogruppo Fabrizio Cicchitto ha parlato nel suo intervento in aula di un dibattito che avrebbe dovuto essere più libero “senza che lei, ministro Severino, venisse in Parlamento a metterci le manette impedendoci un confronto che un governo tecnico privo di una maggioranza avrebbe dovuto favorire”.
Un malessere che è ancora più evidente dal comportamento di grossa parte del Popolo della Libertà al momento del voto. Gli astenuti, in totale, sono stati come detto 102. Tra questi, oltre alla Lega, hanno deciso di astenersi anche 38 esponenti del Pdl tra cui Gaetano Pecorella, Alfonso Papa, Giorgio Stracquadanio, gli ex membri di governo Alfredo Mantovano, Guido Crosetto, Pietro Lunardi, Aldo Brancher e Renato Brunetta. Non solo: tra i pidiellini non hanno partecipato al voto 72 deputati (di cui 11 in missione) compresi il segretario Angelino Alfano, che da ministro della Giustizia aveva presentato la prima versione del disegno di legge, e il leader Silvio Berlusconi. Erano in missione, fra gli altri, Maurizio Paniz e Maurizio Lupi. In contrasto con la disciplina del gruppo, poi, ci sono stati due voti contrari (Luca D’Alessandro e Lucio Barani).
Hanno optato per l’astensione anche cinque parlamentari radicali oltre a Furio Colombo del Pd. I gruppi più numerosi al momento del voto sono stati quelli del Pd, con il 91%, dell’Udc con l’89% e di Fli con l’88%. Per la Lega hanno votato in 47, mentre hanno disertato il voto in 8.
Cicchitto: “Severino, donna avvisata è mezza salvata”. In realtà, ancora più delle assenze, dei voti contrari e delle astensioni pesano come un macigno le parole di Cicchitto che lasciano poco spazio alla trattativa: “Faremo di tutto in Senato per cambiare il ddl anticorruzione sulla nuova concussione e sulle influenze” ha alzato la voce alla Camera. Dopo, riferendosi alla responsabilità civile dei giudici, Cicchitto si è rivolto direttamente al ministro Severino: “Come dice il proverbio, uomo, o meglio donna, avvisata è mezzo salvata. Non porti emendamenti con la fiducia, se no voteremo contro”.
Il capogruppo ha sottolineato: “Con la nuova concussione Penati gode di una legge ad personam. E sul traffico di influenza Miccichè ha detto cose ragionevoli che condivido interamente. Così diamo un alto potere di discrezionalità ai pm. Noi avremmo voluto liberamente dibattere su questi due punti senza che lei, ministro Severino, venisse in Parlamento a metterci le manette impedendoci un confronto che un governo tecnico privo di una maggioranza avrebbe dovuto invece favorire. Faremo di tutto in Senato per cambiare in questi punti questo ddl. E siccome occorre sempre un bilanciamento di poteri come quello istituito dai costituenti con l’articolo 68, al Senato sosterremo la responsabilità civile dei giudici. E al ministro diamo un elemento di riflessione: non venga a proporci emendamenti con l’esercizio da parte del governo della stessa pratica che è stata svolta qui alla Camera: perché in questo caso non voteremo la fiducia perchè uomo, o meglio donna, avvisata è mezzo salvata!”.
Suona strano, peraltro, che poi il capogruppo Pdl in commissione giustizia Enrico Costa sostenga poco più tardi che “il merito di questo provvedimento è da attribuirsi al ministro della Giustizia del Governo Berlusconi, perchè è stato il primo ad avere intuizione che la lotta alla corruzione non si fa soltanto attraverso la repressione penale ma soprattutto attraverso la prevenzione fatta di procedure amministrative trasparenti, chiare e lineari”. Concetto reso più chiaro dal collega Francesco Paolo Sisto, che si era contraddistinto in commissione per aver presentato – tra l’altro – un emendamento che avrebbe potuto avere effetti sul processo per concussione che vede imputato l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi: “Per combattere la corruzione l’impostazione vincente è quella originaria di Angelino Alfano desunta dai principi della Costituzione: un pubblica amministrazione più trasparente e controllata e un sistema penale che forte di questa prevenzione non abbia bisogno di una repressione feroce quanto sconsiderata. L’effetto che con tale scellerata scelta si raggiungerebbe sarebbe quello di far saltare completamente l’equilibrio del sistema, rischiando di sottomettere la politica al placet delle Procure”.
Fini: “Legge a rischio”. Dichiarazioni che hanno spinto il presidente della Camera Gianfranco Fini a leggere così la situazione: “Spero di essere smentito, ma dopo l’intervento dell’onorevole Cicchitto temo che il ddl non sia approvato dal Senato prima della fine della legislatura”.
Severino: “Legge perfettibile, ma il dialogo c’è stato”. Stupita del fatto che la Lega Nord non abbia approvato il provvedimento (“In commissione si era espressa a favore”), il ministro della Giustizia Paola Severino dice di apprezzare “la ragionevolezza e lo spirito di chi ha votato la fiducia. Ci sono riserve da una parte e dall’altra, ogni legge è perfettibile ed anche questa, saremmo persone presuntuose se non lo pensassimo, come tutte le leggi anche questa è migliorabile”. Non risponde mai direttamente alle critiche del Pdl, ma mette alcuni punti sulle “i”. Dunque, la presunta norma “salva-Penati”: “Quando ho suggerito modifiche sulla concussione non ho pensato ad alcun processo. Le norme non sono state scritte per nessuno, le modifiche sono legate a motivi tecnici che confermo. E comunque, dopo l’opera fruttuosa di alcuni giornali, vorrei segnalare che alcuni tra i più importanti processi di cui si scrive hanno tempi di prescrizione ben lontani, 2017 e 2019”. Secondo: chi sarà “punito” dall’incandidabilità dei condannati? “Non sono emersi nomi, non li so e non li voglio sapere. Il governo deve prendere le sue decisioni prescindendo dai nomi delle persone coinvolte”.
Terzo, il cosiddetto “traffico di influenze illecite“. “La norma – spiega il ministro – è stata profondamente modificata dalle forze politiche che hanno introdotto l’aggettivo ‘patriominiale’ al termine interferenze. Così invito i deputati, che hanno sostenuto che segnalare o raccomandare qualcuno diventa un reato, a leggere il testo. A loro chiederei: ma voi vi fate pagare per segnalare o raccomandare qualcuno? Se vi fate pagare è reato se no, non lo è”
Infine il dialogo. “Non si può rimproverare al governo di non essere aperto al dialogo. Ho atteso suggerimenti su come migliorare la legge, da alcune parti sono arrivati, da altre non sono arrivati affatto, altri ancora non erano accoglibili. Ma il dialogo c’è stato”.
Il voto di ieri. Ieri intanto il governo aveva incassato tre sì, per gli articoli 10, 13 e 14. Il primo è quello che riguarda proprio l’incandidabilità dei condannati. Il secondo definisce il reato di traffico di influenze. La terza fiducia invece è sulla nuova fattispecie della corruzione tra privati.
“Incandidabilità dei condannati già dal 2013”. Proprio sull’incandidabilità il governo si è impegnato in tempi brevi ad adottare un testo normativo che impedisca la candidatura a qualsiasi carica pubblica per i condannati già dalle elezioni politiche del 2013. Un impegno del quale l’esecutivo può farsi forte dopo l’approvazione di un ordine del giorno presentato dal capogruppo del Partito Democratico Dario Franceschini, sul quale l’esecutivo ha espresso parere favorevole. La proposta del Pd ha trovato favorevoli praticamente tutti i gruppi parlamentari: l’Udc, Fli, Lega, Pdl, Grande Sud e Idv. “Con l’approvazione unanime a questo ordine del giorno ci sentiamo ancora più stimolati ad esercitare la delega nei termini richiesti” ha dichiarato il ministro Patroni Griffi. Il testo che impegna il governo a esercitare la delega per rendere applicabile le nuove norme sull’incandidabilità dei condannati in tempo utile per le prossime elezioni politiche del 2013 è nato a seguito dell’incertezza delle nuove norme che sarebbero entrate in vigore non prima del 2018.