La settimana scorsa erano venuti giù alcuni frammenti dell’Acquedotto Claudio a Porta Maggiore, pochi giorni prima era crollato un intero muro della Palestra dei gladiatori (adiacente al Colosseo), meno di un mese fa invece dalla facciata della Basilica di San Pietro in Vincoli si era staccato un pezzo di cornicione. Sabato scorso infine è toccato alla Fontana di Trevi. E l’elenco dei monumenti di Roma che stanno cadendo a pezzi è ancora più lungo, solo per fare qualche (altro) esempio: nel febbraio del 2010 sono ceduti quindici chili di intonaco dello stadio di Domiziano e versa in condizioni critiche anche la Porticus che circondava il Colosseo (della quale quasi nessuno conosce l’esistenza perché confusa tra le piante e marciapiedi di via Labicana).
Da tempo l’allarme lanciato da più fronti è sempre lo stesso: mancano i fondi. Eppure c’è chi ripete che non bisogna preoccuparsi: “E’ tutto sotto controllo – aveva detto il soprintendente capitolino Umberto Broccoli, commentando il crollo della Ludus Magnus – si tratta di un rilascio fisiologico delle murature antiche”. Sulla celebre fontana progettata dall’architetto Nicola Salvi, Broccoli ha invece chiamato in causa quello che nei mesi scorsi era diventato il principale nemico del sindaco Alemanno: la neve. “Ricordiamo che gli architetti che, da Romolo in poi, hanno costruito Roma – dice Broccoli al fattoquotidiano.it – hanno avuto a che fare con questo clima, mica hanno incatenato le tegole come si fa ad Oslo”.
Certo c’è anche “la non prevedibilità di alcuni crolli”, come fa notare il ministro dei Beni Culturali, Lorenzo Ornaghi. Un’opera di prevenzione continua e totale, però, è impensabile: “I costi – lascia intendere il ministro – sarebbero troppo elevati e dedicare alcune risorse a un settore significherebbe non dedicarle ad un altro”. Insomma se a qualcuno non era chiaro, a ribadire la triste realtà ci pensa lo stesso titolare del Mibac. Di sicuro, come osserva il professor Paolo Gasparoli che, insieme all’ex commissario all’aree archeologiche di Roma e Ostia Antica, Roberto Cecchi (oggi sottosegretario ai Beni culturali), ha lavorato ad un programma di prevenzione e manutenzione delle aree archeologiche della Capitale, “restaurare un monumento costa molto di più che curarlo giornalmente”.
La formula prevenire è meglio che curare, dunque, vale anche in questo caso. Ma se mancano quelli per la manutenzione figurarsi se si riesce a trovare dei soldi (pubblici si intende) per il restauro. I 16 milioni di euro – a fronte di un budget complessivo di circa 32 milioni – di cui dispone quest’anno la Soprintendenza di Stato per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei monumenti sono infatti “soltanto un decimo delle risorse di cui avremmo di bisogno”, rivela la soprintendente per i Beni Archeologici di Roma, Mariarosaria Barbera. Più pieno il portafoglio della Soprintendenza dei Beni Culturali di Roma Capitale: “42 milioni di euro (a cui vanno ad aggiungersi 33 milioni del piano investimenti)”, comunica Broccoli. Non disponeva di cifre così alte il suo predecessore, Eugenio La Rocca, che, non avendo capitoli di bilancio propri, si vedeva costretto in alcuni casi a chiedere finanziamenti all’Assessorato ai lavori pubblici.
Evidentemente le cose in Campidoglio sono cambiate. Con delle somme così alte, rispetto a quelle che (non) c’erano prima o a quelle che arrivano alla Soprintendenza di Stato, ci si aspetterebbe quindi qualcosa in più per la manutenzione dei monumenti in consegna al Comune di Roma (tra i quali tutti quelli sopra elencati). E invece: “Credo che la cifra per la manutenzione ammonti a un milione di euro – prosegue Broccoli – e con quello che c’è si fa quel che si può, di sicuro – ammette – non si fa mai un restauro fino in fondo”.
Mancano poi le risorse umane, cioè i funzionari che vigilano costantemente sullo stato di salute dei monumenti, “per esempio andando ad osservare – prosegue la soprintendente per i Beni Archeologici di Roma – se nelle murature ci sono segnali di distacchi o di lesioni, che consigliano poi controlli più approfonditi”. Insomma una manutenzione fatta con gli occhi, che dunque “non ha dei costi proibitivi, se non quelli del personale che deve esserci”, sottolinea la dottoressa Barbera. E che invece non c’è, o comunque non a sufficienza: i funzionari mandati in pensione non sono stati sostituiti e le aree di competenza sono rimaste le stesse, “anzi si sono ampliate, visto che dal 2010 l’area archeologica di Ostia Antica è passata sotto la competenza della Soprintendenza di Stato”.
Fortuna allora che ci sono i privati, sempre pronti a dare una mano. Per Broccoli sarebbe auspicabile un loro intervento su tutti i monumenti, “ho sempre sostenuto che un partenariato dei privati sia essenziale”. Ma per capire a quali condizioni, si veda l’accordo per il restauro del Colosseo stipulato con Diego Della Valle; “le pretese” di certi privati che, per finanziare il restauro dello stadio di Domiziano (circa 1,4 milioni), hanno ottenuto in cambio la gestione delle attività e degli eventi – ci faranno anche un ristorante –; e chissà cosa chiederà adesso il patron di Acqua Claudia per sponsorizzare il restyling della Fontana di Trevi.