Inutile bussare non risponderà nessuno. A Palazzo Chigi lo descrivono come un fantasma, figurati se te lo passano al telefono. Nessuna comunicazione filtra, tanto meno ai sindacati in allerta da settimane. Enrico Bondi da un mese setaccia per conto del governo i conti e la spesa pubblica per tagliare entro giugno 4,2 miliardi. Sotto la lente il complesso degli acquisti della pubblica amministrazione ma, a dire il vero, il super commissario potrebbe anche partire dal Ministero dell’Economia e Finanze che, da sei mesi, fa capo a chi lo ha incaricato: il premier Mario Monti. Sprechi e costi si annidano anche in via XX Settembre, anche se è difficile stanarli.
Ci ha provato il servizio Bilancio del Senato due giorni fa con un documento di revisione della spesa che fornisce macro aggregati e qualche sorpresa. Il ministero per il proprio funzionamento, scrivono i funzionari del Senato, spende 28,5 miliardi di euro l’anno e altri 35,5 per interventi. Sul primo fronte spiccano alcuni costi incomprimibili, come le politiche previdenziali (11,2 miliardi), le politiche economiche (5,1) o l’ordine pubblico (1,4). Ma ci sono anche 2,8 miliardi di euro che sevono a mantenere in vita gli “organi costituzionali”, 411 milioni solo per sostenere la presidenza del Consiglio. C’è il solito assegno da 168 milioni di euro per il “sostegno all’editoria”, spese per servizi postali e telefonici pari 649 milioni di euro.
Ma i veri sprechi del ministro, forse, non sono neppure i costi di funzionamento. Lo ribadiscono anche i sindacati che tutelano 13mila dipendenti sui quali si sono già abbattuti in passato tagli a stipendi e pianta organica. Lì, resta poco da tagliare mentre altrove resta tutto da fare. I rami secchi, infatti, partono dalla pianta del ministero e vanno lontano, ma non dall’occhio dei controllori dei conti.
Un caso per tutti, la controllata Invitalia, società pubblica che galleggia da tempo all’ombra del ministero portandosi dietro un carrozzone di 14 partecipate con 669 dipendenti che costano 46 milioni di euro (i dipendenti sono il 57%, 25% quadri, 9,3% dirigenti e 6,7 atipici), perdite per quattro milioni, debiti per 45 milioni e passività patrimoniali per 1,1 miliardi. Il fortunato amministratore delegato, di nomina governativa, si porta a casa da solo quasi un milione di euro. Di che si tratta? Della ex Società Sviluppo Italia Spa, l’agenzia che fa capo al Ministero come unico azionista, chiamata a promuovere lo sviluppo produttivo e imprenditoriale fungendo da catalizzatore delle risorse pubbliche e private. Tra i suoi progetti gli interventi nelle aree di crisi, la riqualificazione del polo industriale di Termini Imerese oggi in fase di istruttoria.
A metà maggio la Corte dei Conti ha messo sotto la lente la situazione sua e delle controllate. Da dove cominciare? Forse dagli emolumenti di chi guida la società pubblica. Tra cariche di rappresentanza e direttive, cda e collegio sindacale il costo di chi amministra Invitalia è di 1,3 milioni di euro l’anno. Il suo presidente si chiama Giancarlo Innocenzi Botti ed è espressione diretta del Pdl. Tra le altre cose è stato fondatore di Fininvest e sottosegretetario alle Comunicazioni dal 2001 al 2005 con l’incarico di presidenza della Commissione per lo Sviluppo del Digitale Terrestre che è stata, notoriamente, una fetta importante degli affari della famiglia Berlusconi. Negli ultimi tre anni il suo compenso è passato da 146 mila euro a 251 mila euro.
L’amministratore delegato è invece Domenico Arcuri, uomo della finanza cresciuto all’Iri e poi attraverso joint venture e società di consulenza (Diloitte). Al secondo mandato, il suo compenso è passato da 601mila euro a 806 mila euro nel giro di tre anni grazie al cumulo di tre compensi che comprende 357mila euro come dipendente dell’ente stesso, 192mila euro come amministratore e 252mila euro come premio di risultato legato al raggiungimento degli obiettivi che lo stesso Cda ha definito e il comitato remunerazioni ha ratificato. Peccato che lo stato patrimoniale ed economico della società non abbiano avuto lo stesso andamento positivo.
Su questo la Corte dei Conti, proprio a inizio maggio, ha fornito un’analisi impietosa: chiudono in perdita le controllate Strategia Italia (di 110mila euro), Sviluppo Italia Aree produttive (-1,7 milioni), Italia Turismo (-1,9 milioni), Italia Navigando (-3,9 milioni), Nuovi Cantieri Apuana (-5,6 milioni). Ci sono poi le perdite delle succursali regionali (Invitalia Abruzzo perde 810mila euro, 1,5 milioni quella campana, 721 quella sarda e 5 milioni quella calabrese). Aprendo i faldoni relativi alle singole controllate si trovano atri spunti non proprio felici come gli affari spericolati di “Italia Turismo” che ha rilevato complessi e villaggi sull’orlo del fallimento per poi darli in affitto a operatori privati. In pratica le perdite sono pubbliche, i ricavi sono privati. Un caso per tutti quello del Villaggio di Cefalù comprato per 73 milioni di euro, un’operazione finanziaria sulla quale già un anno prima la Corte aveva espresso riserve legate al rischio di accollare allo Stato perdite economiche, finanziare e patrimoniali insieme a quello di concentrare tante risorse su un’unica operazione quando anche allo sportello bancario la regola è diversificare. Ma la controllata è andata per la sua strada, nonostante abbia accumulato perdite negli ultimi tre esercizi per 7,5 milioni di euro.
Altra società in cui ha messo piede è Valtur, oggi commissariata. La vicenda riguarda la Società Alberghiera Porto d’Orra (Sapo) oggi incorporata in Italia Turismo. Sapo nel 2003 aveva concesso in affitto il villaggio turistico di Simeri Crichi (Catanzaro) a Valtur che non ha pagato i canoni annui maturando nei confronti di Sapo un debito che, a novembre 2011, sfiorava i 2 milioni di euro. La stessa Valtur nel 2001 aveva stipulato un contratto d’affitto con la Leasing Roma Spa per il villaggio di Pollina con una garanzia nominale di Investitalia all’acquisto irrevocabile dell’immobile in caso di mancato pagamento dei canoni. Leasing Roma sta bussando alle porte della società pubblica per chiedere 16 milioni di euro oltre le spese. Il giudizio sulla causa, con gli attuali vertici di Invitalia che si rifanno sui precedenti amministratori, pende al Tribunale di Bologna. Anche la controllata “Italia Navigando” naviga in cattive acque con una pendenza da parte dell’azionista di minoranza “Mare 2 Srl” che chiede 16 milioni di euro di danni anni imputando all’Agenzia e ai suoi dirigenti una gestione inefficiente.
Invitalia sostiene poi lo sviluppo di impresa e il sostegno alle aree di crisi. Una pioggia di milioni che non sempre porta i frutti sperati: nel 2010 ha erogato 32,1 milioni a 26 iniziative imprenditoriali per le quali a regime si prevedono ricadute occupazionali per 680 lavoratori, 289 milioni di aiuti a 4.395 imprese, 55 milioni per 6 progetti occupazionali con la speranza di creare 367 posti di lavoro. Su queste operazioni la magistratura contabile ancora una volta raccomandato maggiore attenzione ai beneficiari, “al reale tasso di sopravvivenza garantito con le risorse pubbliche, al tasso di rientro dei finanziamenti erogati e ai connessi problemi relativi a sofferenze e incaglie. Speciale riflessione meritano – dicono i giudici – i criteri sulla base dei quali vengono realizzate le iniziative ed allcolte le domande, anche con riferimento alle priorità riferite alle aree del Mezzogiorno”.
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO LA PRECISAZIONE DI INVITALIA
L’articolo pubblicato oggi sul sito de “Il Fatto” con il titolo “la voragine milionaria di Invitalia, la ‘supercontrollata’ del ministero”, che peraltro riporta dati relativi al 2010, merita una serie di precisazioni, a cominciare dallo stesso titolo. Non si comprende, infatti, come si possa parlare di “voragine milionaria” in riferimento a un’azienda che dal 2007 ha sempre chiuso i propri bilanci in utile e non ha mai richiesto alcuna ricapitalizzazione all’azionista pubblico (il ministero dell’Economia), che ne ha addirittura ridotto il capitale sociale di 300 milioni di euro, destinandoli ad altre finalità. Delle circa 300 società ereditate da Sviluppo Italia, oggi sono rimaste solo 5 società controllate. Non solo. I 492 consiglieri di amministrazione senza deleghe, che costavano allo Stato circa 6 milioni di euro l’anno, sono diventati 20, tutti a costo zero perché dirigenti di Invitalia. I dipendenti della Capogruppo e delle società controllate, che erano più di 1700 nei primi mesi del 2007, sono scesi a 1050 nel 2010, come scritto nella relazione della Corte dei Conti. L’organico di Invitalia è ulteriormente calato, nel 2011, a 917 dipendenti, dei quali 709 nella Capogruppo e i restanti nelle altre società. Gli stipendi del Presidente e dell’Amministratore Delegato non hanno avuto alcun incremento da quando sono in carica. L’incremento registrato tra il 2007 e il 2008 per Domenico Arcuri è dovuto al fatto che, essendo stato nominato AD nel marzo del 2007, ha percepito soltanto una parte delle mensilità relative a quell’anno. Non è affatto vero che Italia Turismo abbia rilevato “complessi e villaggi sull’orlo del fallimento per poi darli in affitto a privati”, tantomeno nei due casi citati. A Cefalù Italia Turismo non “ha comprato” il villaggio, ma è stato programmato un investimento, insieme al Club Med, che è proprietario del sito turistico, per realizzare una struttura di alta qualità. La Valtur è stata soltanto uno dei gestori dei villaggi di Italia Turismo. Una parte consistente del debito di 2 milioni di euro relativi al villaggio di Simeri Crichi sono stati incassati dal nostro gruppo escutendo una garanzia bancaria. La vicenda del villaggio di Pollina si riferisce ad una passata stagione dell’ex Sviluppo Italia e che l’attuale Agenzia, che si è, peraltro, rifiutata di partecipare al salvataggio della Valtur, sta risolvendo nell’interesse pubblico. Così come l’anomala partecipazione di un privato (la Mare 2 srl) in una società pubblica, sempre ereditata dall’ex Sviluppo Italia, si sta risolvendo con una scissione che porterà Italia Navigando ad essere una società interamente partecipata dallo Stato. Infine, i dati sulle agevolazioni e le “raccomandazioni” della Corte dei Conti si riferiscono solo al “Fondo di salvataggio e ristrutturazione” del ministero dello Sviluppo Economico, di cui Invitalia è solo il soggetto gestore, e non all’intero universo delle agevolazioni gestite da Invitalia.
L’Ufficio Stampa di Invitalia
Gentilissimi, l’articolo pubblicato da “Il Fatto” attinge notizie, dati e informazioni da documenti ufficiali depositati. In particolare la relazione dell’amministratore delegato di Invitalia, dottor Domenico Arcuri, del 6 aprile 2011 alla Camera dei Deputati e la relazione della Corte dei Conti relativa all’ultimo esercizio disponibile (annualità 2010) pubblicata in atti il 30 maggio scorso. Come è noto la magistratura contabile non deve rappresentare l’esegesi storico-economica di un ente ma verificare la gestione (attivi e passivi etc) dell’ultimo esercizio per riferirne al Parlamento ai sensi della legge 21 marzo 1958 n. 259 e nelle forme di cui all’art. 12, come previsto dall’art. 1, comma 463 della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (finanziaria 2007). Nel merito delle passività si fa riferimento alla tabella 7 di pagina 44 nella quale viene indicata chiaramente un’esposizione debitoria pari a 45.979 milioni di euro. A seguire l’analisi dello stato patrimoniale. Per quanto riguarda gli emolumenti dei vertici di Invitalia è utile riferimento la Tabella 1 a pagina 18. Il compenso dell’Ad nel 2007 era pari a 601mila euro (596 come indennità, 5mila come rimborso), che nel 2008 sono diventati 771 (+170mila euro), nel 2009 sono passati a 835 (+234mila euro), nel 2010 sono saliti a 806mila euro (+205mila euro). Anche in questo caso, pare incontrovertibile che si tratti di un aumento. Quanto alle avventure infelici delle controllate, in particolare nell’ambito turistico, la citata relazione e l’audizione dello stesso ammnistratore offrono svariati esempi, anche più numerosi di quelli che abbiamo selezionato per brevità.
Cordiali saluti Thomas Mackinson