Sono appena tornata dal Centro di riabilitazione che segue Diletta. Mentre attendevo che mia figlia facesse la sua terapia ho incrociato lo sguardo con un’altra mamma. Una mamma stanca, con gli occhi spenti.
Ho iniziato a parlare con lei raccontando, come succede, un po’ della mia storia. Così ad un certo punto lei è esplosa. Vive in un residence del comune, un “buco” (così lo ha chiamato lei) di 30 mq assegnato dopo essere stata accolta in una casa famiglia con i suoi tre figli di 11, 7 e 3 anni. L’ultimo autistico.
Ha iniziato a gridarmi il suo dolore per essere stata licenziata a fine contratto. Per non avere di che fare la spesa. Per vedere suo marito lavorare giorno e notte per venti euro. Poi le ho chiesto: “come mai vi siete ritrovati in questa situazione?“. I suoi occhi hanno cambiato luce, entrando nella via del ricordo.
Mi ha raccontato che anni fa avevano una casa piccola e carina, un mutuo che pagavano sempre, un piccolo ristorante in società con un parente e tutto andava bene. Un bel giorno scoprono che questo parente aveva combinato tanti guai. La società fallisce portandosi dietro suo marito e tutta la famiglia. La casa pignorata poi va all’asta, il locale segue la casa. Nasce il terzo figlio e lei partorisce dentro la casa famiglia. Accolta con i bambini mentre il marito resta fuori.
Parlavamo ancora quando la terapista conduce a lei un bimbo di tre anni tenerissimo. A questo punto lei si mostra preoccupata. 32 gradi fuori e due ore di autobus per tornare a casa. Le chiedo se le fa comodo fare un pezzo di strada insieme per farle prendere solo un mezzo e non tre. Lei si commuove. Io pure. Saliamo in macchina con Diletta e i nostri due amici. Un percorso imbarazzato e angosciato perché sento il dolore e la vergogna per un bimbo (e per tutti gli altri) che rientra in un residence senza avere certezza di cenare, trovando due fratellini che nessuno invita mai. Bambini ai quali non è consentita la gita scolastica, non è consentito l’invito alla festa di fine anno.
Bambini di serie B diventati di serie C con un fratello autistico al seguito. Discriminata la madre che nessuno fa più lavorare (e so bene cosa si prova!), discriminata l’intera famiglia che è andata ad arricchire la povertà. Un bambino disabile sotto il sole, cui è stato rifiutato il trasporto del comune perché (è stato detto alla sua mamma): “suo figlio cammina!”. Un’immagine che mi ha distolto dal mio mondo. Una sensazione che voglio rendere una opportunità.
Una riflessione comune di un dolore immenso. Tre mesi di scuole chiuse per chi ha difficoltà economica equivalgono a rendere famiglie già in ginocchio, completamente sdraiate. A danno dei bambini. Saish (assistenza domiciliare) ridotto all’osso, centri estivi irraggiungibili per via della soglia Isee e delle liste d’attesa, servizi per bambini costosi e carenti e se poi questi bambini sono disabili i servizi diventano assenti come le istituzioni che onde evitare guai vanno in ferie prima di tutti.
Le poche eccezioni di merito non bastano.