L'ex primo cittadino travolto dagli scandali ("ma io non sono mai stato indagato") è tornato a fare il commercialista: "Auguro buona fortuna a Pizzarotti, è un uomo intelligente, ma tutto dipenderà dalla squadra che forma. Anch'io un anno fa avevo il 60% dei consensi"
Vignali ha un tono pacato: “Un anno fa avevo un consenso del 60%”. Un anno, per Parma un’era geologica fa. Per Vignali un’altra vita: “Sono tornato a fare il commercialista. Non è facile, dopo quattordici anni di politica (prima assessore, poi sindaco, ndr)”. Fino all’estate scorsa tutti che gli correvano dietro. A cominciare da quei “poteri forti” che da decenni fanno il bello e il cattivo tempo. Gli imprenditori del cemento, per dire. Poi, nel settembre 2011 tutto è finito: le dimissioni, dopo le inchieste che hanno toccato collaboratori e assessori: “Ma io non sono stato indagato”, precisa Vignali. Aggiunge: “Non ho più rapporti con nessuno di quel mondo. Né con gli avversari, né con chi mi sosteneva”. Non c’è rancore nelle sue parole. Parla con voce stanca, ma non arresa. C’è un tentativo di difendere la propria dignità anche nel tratto, nei vestiti impeccabili. C’è “la speranza che un giorno venga fuori quello che abbiamo fatto per Par-ma, noi l’abbiamo portata a essere una delle città più vivibili d’Italia, dalle piste ciclabili al car sharing, dalle iniziative culturali ai 120 milioni all’anno per i servizi alla persona”. Oggi, però, è dura: il commissario Mario Ciclosi ha lasciato sul tavolo del neo-sindaco Pizzarotti un dossier in cui si parla di un debito di quasi 1,2 miliardi. Vigna-li è stato scaricato praticamente da tutti. Il capro espiatorio ideale. “Mi chieda quello che vuole”, invita Vignali, appena 44 anni, che era proiettato verso incarichi nazionali nel centrodestra e invece pare relegato al passato.
Il commissario parla di un debito del Comune stratosferico, che sarebbe praticamente raddoppiato con la sua amministrazione…
Anche prestigiose società di certificazione concordano nell’indicare cifre molto inferiori, al massimo 600 milioni. Poi è essenziale distinguere i debiti del Comune da quelli delle società partecipate, il commissario ha messo tutto insieme. È fuorviante. Non capisco: si parla di Par-ma che ha 800 euro pro capite di debito. E allora Torino che ne ha tremila?.
Ma è il “modello Parma” in discussione, a cominciare dalla giungla di società partecipate, una quarantina con relative poltrone…
In quattro anni ne abbiamo create quattro , il resto c’era già.
Poi ci sono i progetti grandiosi avviati e mollati a metà, come la stazione, il quartiere Pasubio e il ponte nord, monumento alla Parma di oggi…
Non li rinnego, ma sono stati avviati prima di me. È arrivata la crisi. I piani industriali erano basati sulla vendita di case e alberghi. Oggi non ci sono compratori. Il debito che abbiamo lasciato è come il mutuo che una famiglia fa per la casa. Adesso corrispondono dei beni. C’è l’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare e la Scuola Europea aperta ai figli dei funzionari, ma anche alla gente di qui. Strutture da 28-30 milioni l’una.
Ma che cosa si rimprovera?
Abbiamo investito tanto, cento milioni l’anno. Con il senno di poi….Spero, però, che il tempo ci renda giustizia.