Con l'ingresso di Barbara Berlusconi nell'organigramma rossonero, la società è al bivio tra un ridimensionamento economico e una probabile cessione. Quaranta dipendenti rischiano il posto e tra le teste che potrebbero cadere c'è quella dell'ad Adriano Galliani
La mancata vendita (per ora) di Thiago Silva da parte del Milan al PSG, un affare che sembrava concluso, ha fatto esultare i tifosi. Ma forse quello che è successo è solo l’indizio di una profonda spaccatura all’interno della società, che potrebbe portare presto a un clamoroso divorzio tra chi negli ultimi venticinque anni l’ha gestita, l’ad Adriano Galliani, e chi si è preso i meriti delle vittorie concedendo al suo braccio destro l’onore delle sconfitte, il presidente Silvio Berlusconi. Il Milan è a un bivio tra un netto ridimensionamento economico e una probabile cessione. Di sicuro alla famiglia Berlusconi il Milan così com’è non rende più e probabilmente, una volta esaurita la spinta propulsiva che ne aveva fatto la rampa di lancio per la discesa in campo del capofamiglia, non serve neanche.
Appena diffusa la notizia che il Milan non avrebbe ceduto il difensore brasiliano al PSG, una nota ufficiale apparsa sul sito della società attribuiva la decisione al presidente. Lo stesso Galliani ha subito esaltato “l’eroico presidente”, artefice dell’ennesimo atto d’amore nei confronti dei tifosi. Peccato che proprio Galliani fosse a Parigi cercando disperatamente di vendere il difensore per 46 milioni di euro agli sceicchi del PSG: coi tempi che corrono un grande affare. E invece no, dietrofront. Non si sa se perché non ci sia riuscito o non abbia potuto. Il problema è che l’affaire Thiago ricalca in maniera impressionante la vicenda Pato. Anche lui venduto a gennaio ai francesi solo per rimanere in maglia rossonera quando l’affare sembrava oramai fatto.
Questioni di cuore si disse allora, essendo Pato fidanzato con la figlia del capo, appena entrata in società. Di sicuro il primo indizio che qualcosa all’interno del granitico monolite rossonero cominciava a scricchiolare. Proprio dall’ingresso di Barbara Berlusconi nell’organigramma rossonero, infatti, è cominciato un cambiamento di rotta, al timone del quale sembra non esserci più Galliani. Con Barbara sono entrati in società anche suoi uomini fidati, tra addetti alla sua immagine personale e addetti a controllare i conti societari: ovvero ficcare il naso nell’ex regno di Galliani. Se a livello di eredità c’è ancora più di un problema, l’alleanza strategica sul Milan tra Barbara e i figli di primo letto del presidente – Marina (Mondadori) e Piersilvio (Mediaset) – va invece a gonfe vele.
E se già prima, del Milan (il cui ultimo bilancio segnava un passivo di 67 milioni ripianato come al solito da Fininvest), ai due fratelli maggiori interessava poco, oggi l’ordine è di tagliare, con la crisi delle aziende di famiglia e una pronuncia della Cassazione sul Lodo Mondadori che incombe (560 milioni di euro da pagare, altro che vendere Thiago Silva). Tagliare i giocatori. Via in un colpo solo Gattuso, Nesta, Van Bommel, Seedorf, Inzaghi e Zambrotta (e probabilmente uno tra Thiago e Ibrahimovic). Tagliare le teste. Via i dipendenti, e sarebbe la prima volta dal 1985. Pare che Barbara qualche mese fa abbia inviato ad ogni dipendente una lettera di convocazione, per conoscerli e stabilire se lo stipendio è adeguato alla funzione. Ovvero decidere chi licenziare. E il sito Dagospia.com ha rivelato ieri che a rischiare sarebbero almeno 40 dipendenti sui 180 della società.
Il problema è che la potatura societaria sarebbe stata decisa da Barbara, non da Galliani. E a questo punto molti avanzano l’ipotesi che tra le teste destinate a cadere ci sia proprio quella dell’amministratore delegato. Non subito, magari l’anno prossimo, visto che ad aprile l’assemblea degli azionisti gli ha confermato i poteri, ordinari e straordinari, di gestione della società per un anno. Ma già girano i nomi di possibili sostituti. La domanda adesso è una: Barbara sta ridimensionando i costi (non più sostenibili) della società per mantenerla nell’impero di famiglia o sta ripianando le perdite per venderla al miglior offerente? E a chi? Si ipotizza l’ingresso degli arabi (la famiglia reale di Dubai che dal 2010 già sponsorizza il Milan, 300 milioni in 5 anni, con la compagnia di bandiera Fly Emirates) o dei russi (non meglio specificati oligarchi in arrivo tramite l’amico di papà Putin). Ma finora nessuno si è ancora fatto avanti. Quello che è certo è che, in un modo o nell’altro, un’era rossonera è al tramonto.