Oggi è il giorno del ballottaggio. Si sfidano alla presidenza Mohamed Morsi, Fratelli Musulmani, e Ahmed Safiq, ex primo ministro di Mubarak. Per il partito islamista: "Il consiglio militare non ha nessun diritto di pubblicare un'integrazione alla dichiarazione costituzionale e deve raccogliere le sue cose e andarsene fra due settimane”
Si sono chiuse le urne per l’elezione del primo presidente egiziano dopo la caduta di Mubarak, il rais che è stato “detronizzato” a furor di popolo. Nel paese la tensione è alta dopo che nei giorni scorsi l’esercito ha preso il controllo del parlamento; i più ostili ai militari sono i Fratelli musulmani, partito che potrebbe strappare la poltrona della presidenza. Nonostante i seggi vuoti nella seconda giornata di voto (l’affluenza è stata di poco superiore al 40 per cento), la Fratellanza è data al 70 per cento dei voti. Il loro candidato è Mohamed Morsi che sfida l’ex premier di Mubarak ed ex generale dell’aeronautica Ahmad Shafiq. Indiscrezioni parlano di tentativi da parte delle forze armate di accaparrarsi nuovi poteri legislativi e di bilancio dopo che questi se li sono auto-attribuiti, dopo lo scioglimento deciso dalla corte costituzionale del parlamento egiziano. Shafiq è stato ripescato in extremis dopo che la Corte Costituzionale, la stessa che ha sciolto la Camera Bassa a netta maggioranza islamista, ha bocciato la legge che vietava la candidatura di esponenti del passato regime. Una mossa che ha scatenato polemiche e innalzato il livello di tensione nel paese e attirato le attenzioni del mondo su quanto avverrà.
Morsi ha dato un ultimatum all’esercito dicendo che la Fratellanza pazienterà fino alla fine del mese perchè i militari lascino il potere, come avevano promesso. Ma gli ultimi convulsi sviluppi fanno intravedere un allungamento della fase di transizione, che non si concluderà con l’elezione del presidente, visto che nel frattempo è stato sciolto il parlamento e anche la valità dell’assemblea costituente è messa in discussione. Secondo indiscrezioni raccolte dal quotidiano Al ahram online, le forze armate si apprestano, a quanto pare domani, a varare una aggiunta alla dichiarazione costituzionale che hanno sottoposto a referendum a marzo 2011 e che è passata a gran maggioranza col sostegno massiccio della Fratellanza, all’epoca molto collaborativa con il consiglio militare. In assenza di una costituzione che definisca i poteri del presidente, il cui nome sarà annunciato giovedì prossimo, le forze armate dovrebbero affidargli l’incarico di scegliere premier e ministri e di indire le elezioni. Si terrebbero quello di legiferare e di approvare il bilancio dello stato in attesa di un nuovo parlamento. Nella dichiarazione aggiuntiva le forze armate dovrebbero anche definire i criteri per la selezione della nuova assemblea costituente, che diventerebbe la terza in successione. La prima è stata invalidata dalla magistratura perchè troppo filo islamico e la seconda è stata nominata due giorni prima che il Parlamento venisse dichiarato illegittimo.
La prospettiva che anche l’assemblea venga congelata scatena la reazione dei Fratelli musulmani secondo i quali le forze armate stanno tentando di gestire direttamente il potere in Egitto ed hanno puntato allo scioglimento del parlamento per non avere ostacoli. Una riunione di oltre un’ora fra il capo del Consiglio militare Hussein Tantawi e il presidente del parlamento Saad el Katatni non è servita, scrive Masri el Yuom online, a stemperare il muro contro muro. Voci e reazioni che danno il senso dello scontro in atto per il controllo di questo paese e che si riflette puntalmente nei seggi.
Il consiglio militare egiziano, comunque, manterrà il potere legislativo e di bilancio fino all’elezione del nuovo Parlamento. Almeno è quanto dovrebbe prevedere, secondo fonti citate giornale, un’integrazione della dichiarazione costituzionale, in base alla quale il nuovo presidente nominerà il premier e i ministri. L’integrazione alla dichiarazione costituzionale, approvata con un referendum nel marzo 2011, verrà resa pubblica entro le prossime 48 ore, prima dell’annuncio dei risultati definitivi delle presidenziali egiziane, previsto per giovedì. In base alla nuova dichiarazione il presidente che uscirà dalle urne aperte anche oggi per il secondo giorno consecutivo presterà giuramento davanti alla corte costituzionale dopo lo scioglimento del Parlamento. Il premier, in base alle indiscrezioni, avrà anche il potere di chiamare gli elettori alle urne. La nuova dichiarazione conterrà anche nuovi criteri per la formazione dell’assemblea costituente, che assicurino la rappresentanza di tutte le categorie del paese, senza che vi sia la prevalenza di nessuna, scrive al Ahram.
Nominata una prima volta l’assemblea è stata congelata dalla magistratura perché troppo sbilanciata verso le forze pro Islam. La seconda volta è stata eletta due giorni prima che il parlamento venisse dichiarato incostituzionale ed era già stata boicottata da varie forze liberali. Intanto i Fratelli Musulmani puntano il dito contro i militari e il portavoce Mahmud Ghozlan dichiara a Al Ahram online: “Il consiglio militare non ha nessun diritto di pubblicare un’integrazione alla dichiarazione costituzionale e deve raccogliere le sue cose e andarsene fra due settimane”. Per Ghozlan l’assemblea costituente è stata formata correttamente e che non c’è alcun motivo per i militari di definire nuovi criteri di nomina: “Il consiglio militare sta agitando la scena politica come ha fatto per tutto il periodo dopo la rivoluzione del 25 gennaio. Questo consiglio militare si muove per gestire il paese in modo diretto, ma ha avuto difficoltà a farlo perché ha trovato sulla sua strada un Parlamento forte. Per questo il Consiglio lo ha fatto sciogliere”.
Al primo turno la tensione al Cairo era stata altissima. Si erano verificati scontri arresti e un uomo si era dato fuoco. Questa mattina, prima dell’apertura dei seggi, non ci sono stati incidenti. Anche se fonti locali parlano di tensione lungo il confine fra Israele ed Egitto dopo il lancio, nella notte di venerdì, di due razzi Grad che sono esplosi nel Neghev (presso Miztpe Ramon e presso l’aeroporto di Ovdà), senza provocare vittime. Secondo il quotidiano Haaretz è possibile che l’attacco sia stato condotto da beduini del Sinai collegati a Hamas e ai Fratelli Musulmani. In un’intervista alla radio militare, il generale della riserva Amos Ghilad (un dirigente del ministero della difesa israeliano) ha tuttavia avvertito che è troppo presto per stabilire chi possa aver sparato quei razzi. “Nel Sinai sono attivi gruppi disparati … fra cui quelli che emulano al-Qaida, quelli legati agli Hezbollah o all’Iran e quelli vicini a Hamas”. Secondo Ghilad in questa fase appare improbabile che proprio i Fratelli musulmani – che oggi cercano di aggiudicarsi la presidenza dell’Egitto – siano coinvolti nel lancio dei razzi. “Quel movimento cerca di imprimere un cambiamento storico nel Medio Oriente, e non penso che si occupi di attacchi spiccioli. A loro – ha osservato – preme conseguire piuttosto un obiettivo strategico”.