Tutti contro l’Emilia-Romagna e il suo mare. Sarà che a Rimini l’inchiesta della Procura sulle fogne che quando piove scaricano i liquami in mare è ormai nota ben oltre i confini regionali, sarà che la capitale della riviera quest’anno non ha ottenuto la Bandiera Blu (il Comune ha giurato di non averla chiesta), la realtà è che ogni occasione sembra buona ormai per sparare sui romagnoli.
Dopo la Regione Marche, che in quanto a Bandiere Blu di recente ha rivendicato di aver doppiato “il divertimentificio” Romagna 16 a 8, ora tocca alla Liguria sposare la vis polemica.
Si parte con il ministero della Salute, che nel suo rapporto 2012 sulla classifica delle acque marine più pulite ha appena promosso “solo” il 91,5% delle acque liguri contro il 100% di quelle emiliano-romagnole. Dunque, secondo le tabelle del ministero l’Adriatico vince facile sul Tirreno. Peccato che la Guida Blu 2012 di Legambiente e Touring Club, un vademecum per l’estate che segnala le mete di mare e lago premiando con le “5 vele” l’eccellenza dei Comuni balneari italiani, abbia ribaltato la situazione: in questa classifica, infatti, le località tirreniche di Ponente e Levante liguri si piazzano un gradino sopra quelle romagnole. Nella tabella delle “5 vele mare”, comunque, non c’è traccia né della Liguria né della Romagna. Magra consolazione, forse. Sta di fatto che, ancora una volta, il balletto sul mare più pulito e il caos sui giudizi più o meno ufficiali diffusi provoca la guerra tra le Regioni.
L’assessore ligure al Turismo, Angelo Berlangieri, rifiuta l’etichetta del ministero ricevuta insieme con Campania e Abruzzo: “Prima di lanciare in modo superficiale dei numeri sulla balneabilità, numeri che non corrispondono alla realtà, il ministero della Salute avrebbe dovuto riflettere sulle conseguenze: il turismo è un comparto sensibile, in Liguria fattura 5 miliardi e 200 milioni di euro l’anno, ha 75 mila addetti diretti, queste cose fanno male. La Liguria con 2.548 campionature all’anno effettua i controlli più fitti”, ha detto l’assessore al Corriere della Sera. Più che altro, la Liguria pare non accettare quel “100%” alla Romagna.
Secondo Arpal, l’agenzia regionale ligure all’ambiente, i prelievi per la verifica della qualità dell’acqua tra Ponente e Levante si eseguono ogni 800 metri (2.548 test all’anno, sostiene l’agenzia) mentre in Romagna solo ogni chilometro e mezzo, per non parlare delle modalità della campionatura. Arpa Emilia-Romagna, invece, sostiene che sui 130 chilometri di costa da Goro a Cattolica ci sono 96 stazioni di controllo. Ecco la replica dei romagnoli, affidata all’assessore regionale al Turismo Maurizio Melucci: “Invito i liguri- ha risposto Melucci a Berlangieri tramite lo stesso giornale- a conoscere l’Arpa dell’Emilia-Romagna prima di parlare. Qui i controlli sono particolarmente severi e rispondono in modo preciso alla normativa europea che fissa tutti i parametri. Diciamo piuttosto che noi abbiamo attivato per primi il sistema di depurazione in modo efficace, essendo già alla terza generazione. Se i liguri non ci credono, vengano a farli loro i controlli in Romagna”.
Insomma, è polemica aperta. Per l’Emilia-Romagna si tratta di una nuova tegola, dopo quella del panico da terremoto che ha già causato agli hotel della costa oltre il 10% (fisiologico in caso di calamità) tra disdette e cancellazioni. Pochi giorni fa la Provincia di Rimini ha scritto al ministro del Turismo Piero Gnudi, che il 2 giugno era stato a Rimini per promettere attenzione sulla questione, denunciando alcuni atti di ‘sciacallaggio’ provenienti dalla Calabria. L’assessore al Turismo Fabio Galli nella missiva al ministro citava “un sito web calabrese” (nel frattempo dalla stessa regione sono arrivate anche delle scuse) e riportava: “Questo è uno dei passaggi che si possono leggere in un articolo datato 6 giugno: ‘L’Emilia Romagna dunque non potrà partecipare alla competizione estiva, le scosse potrebbero durare anni per cui è consigliabile andare verso altre mete per non rischiare di imbattervi in un altro terremoto. Il Sud è tra le mete più consigliate, ambita e sicura è senza dubbio la Calabria, che potrebbe essere un’ottima soluzione con il suo litorale vasto che si estende dallo Ionio fino al Tirreno’. Lascio un attimo in disparte la scorrettezza fondata sulla falsità e che meriterebbe di essere trattata in sedi più opportune”, evidenziava Galli. Che a Gnudi, in definitiva, ha chiesto se non sia opportuno “mettere formalmente a parte del problema tutti gli assessori regionali al Turismo, affinché ognuno di questi si faccia parte attiva sui territori di competenza per sensibilizzare e evitare che accadano simili fatti la cui principale ‘vittima’ è l’Italia”. Chissà se tra questi “assessori regionali” si sente a suo agio anche Berlangieri.