Stretta di mano tra il sindaco Tosi e il Senatur, che ha lasciato il palco a metà del discorso di Maroni. L'ex ministro dell'Interno ha proposto di rifondare "la Lega dei liberi comuni contro Monti-Barbarossa" e ha ricordato che i dirigenti "padani" saranno "in prima fila contro l'impero romano"
Mai così tanti big per una piazza tanto vuota. Il No Imu Day della Lega Nord non è andato come speravano i dirigenti del Carroccio, che si sono trovati a lanciare la lotta contro Monti, il Barbarossa romano, davanti a delle truppe decisamente poco convinte raccolte in Piazza dei Signori. Il parterre da Pontida comprendeva tutti i dirigenti di partito, da Bossi e Maroni in giù, fino ad arrivare ai sindaci del territorio, passando per Flavio Tosi, Luca Zaia, Roberto Cota, Manuela Dal Lago, Mario Borghezio e tanti altri, accolti da un pubblico da festa di paese.
Le grida di battaglia sono sempre le stesse. I classici “secessione” e “Padania libera” non tramontano mai, ma la convinzione non è più quella di una volta. E quando Umberto Bossi ha guadagnato il microfono dopo aver percorso il palco in lungo e in largo, dalla piazza si è levato addirittura qualche fischio. Qualcuno ha girato i tacchi e ha lasciato che il vecchio leader parlasse davanti a poche decine di militanti. I discorsi del Senatur, che per l’occasione ha indossato la camicia verde, del resto non incantano più. Davanti al pubblico veronese ha ripetuto ancora una volta il suo mantra per sminuire la portata delle inchieste che hanno travolto la sua famiglia: “Presto tutti si accorgeranno delle bugie che hanno detto, verrà fuori che era tutto falso”, un concetto espresso per l’ennesima volta, tra gli sguardi imbarazzati degli altri esponenti leghisti che si trovavano sul palco assieme a lui.
C’è pure chi, come Manuela Dal Lago, ha provato a fare da paciere tra Bossi e Tosi, accompagnando fisicamente il Senatur a stringere la mano al sindaco di Verona, offrendo la scena in pasto ai fotografi. La presenza di Bossi è stata talmente superflua che nessuno si è accorto di quando ha lasciato il palco, abbandonandolo a metà del discorso conclusivo di Roberto Maroni. E’ lui a vestire i panni del leader. Dal palco ha proposto di rifondare “la Lega dei liberi comuni contro Monti-Barbarossa. Abbiamo vinto secoli fa e vinceremo di nuovo – ha aggiunto -, mettiamo insieme i comuni, costruiamo la consulta federale delle autonomie dove confluiranno i sindaci della Lega, ma non solo loro. Se ci sono sindaci eletti in liste civiche che ne vogliono far parte la consulta è aperta anche a loro l’unione del liberi comuni della Padania sconfiggerà Roma e il Barbarossa che sta a Palazzo Chigi”.
Maroni ha anche ricordato che in autunno sarà la volta della battaglia sul patto di stabilità, ha detto che “la Padania, i nostri governatori verranno incontro ai sindaci guerrieri, ci sarà un fondo di solidarietà, saranno in prima fila contro l’impero romano”. La macroregione padana, negli intenti di Maroni, si prenderà cura anche dei lavoratori: “Zaia, Cota e Gibelli si prenderanno carico di quei 330mila lavoratori padani che il governo Monti ha lasciato in condizioni precarie, un crimine sociale, senza stipendio e senza lavoro. Le tre regioni del Nord che diventeranno la macroregione della Padania: Napolitano e Monti, siamo arrivati. La Padania c’è”. Intervenendo a margine della manifestazione, Maroni ha parlato anche del decreto sviluppo, lanciando un segnale di apertura, l’ennesimo, ad Angelino Alfano. “Il decreto sviluppo parla di 80 miliardi, ma sono 80 miliardi di balle, l’unica cosa che c’è è ancora una volta il completamento della Salerno-Reggio Calabria, guarda caso. Della serie, se le novità sono queste… Alfano dice che è contrario, bene, voti contro, tolga la spina al governo e poi ricominciamo a parlare”.