Nessuna penalizzazione, né retrocessione per le 16 squadre coinvolte nello scandalo che ha travolto il calcio turco. Il processo penale, invece, promette pene esemplari: molti dei personaggi imputati, del resto, sono ancora in carcere e rischiano 13 anni di reclusione per associazione a delinquere
Scordammoce o’ passato, e ritorniamo a giocare il più in fretta possibile. Questa la decisione presa lo scorso maggio dalla giustizia sportiva turca per lo scandalo delle partite truccate esploso nell’estate del 2011, in contemporanea con la scommessopoli italiana, che ha coinvolto il gotha del calcio turco. Nessuna penalizzazione, né retrocessione per le 16 squadre coinvolte, tutte appartenenti alla Super Lig e alla First League, la prima e la seconda divisione del calcio turco. Mentre il processo penale continua, tra le decine di tesserati deferiti dalla giustizia sportiva alla fine sono stati squalificati solamente 2 giocatori e 8 dirigenti. La montagna di uno scandalo di enormi proporzioni ha partorito il topolino di un’amnistia generalizzata. Se c’è un giudice a Berlino, non è detto che ci sia a Istanbul (o a Roma).
Tutto comincia lo scorso luglio, quando un blitz della polizia porta all’arresto di trenta persone (salite a sessanta nel giro di una decina di giorni), accusate di essere coinvolte in un colossale giro di affari legati al calcioscommesse. Nelle perquisizioni della polizia saltano fuori documenti falsi, soldi e anche diverse armi e munizioni. Tra i fermati anche Aziz Yildirim, il presidente del Fenerbahce che ha appena vinto lo scudetto. L’inchiesta della giustizia ordinaria si allarga, sotto la lente d’ingrandimento della magistratura finiscono 19 partite (poi salite a 22 nell’indagine della giustizia sportiva) tra campionato e coppa nazionale, 16 squadre (oltre al Fenerbahce anche storici club come Galatasaray, Besiktas e Trabzonspor) e 93 tesserati, tra cui anche personaggi di primo livello come il vicepresidente della federcalcio Goksel Gumusdag, molti dirigenti di Besiktas e Fenerbahce e il calciatore Umit Karan, bandiera della nazionale ed ex capitano del Galatasaray.
Il processo penale, cominciato il 15 febbraio, è ancora in corso, e gli imputati rischiano pene severe. Tra gli altri, il presidente, il vicepresidente e diversi dirigenti del Fenerbahce, alcuni dirigenti del Besiktas, diversi calciatori, allenatori, arbitri e giornalisti, sono ancora in carcere con l’accusa di associazione a delinquere e rischiano pene fino a 13 anni di reclusione. Il processo sportivo si è invece concluso il 7 maggio, con il liberi tutti. La federcalcio turca (Ftt) ha infatti deliberato di non infliggere alcuna pena alle 16 società coinvolte. Al Fenerbahce è stato addirittura permesso di continuare a fregiarsi del titolo di campione di Turchia 2010-11, unica penalizzazione l’impossibilità di partecipare alle prossime competizione europee. Solo due i giocatori squalificati: 3 anni per Ibrahim Akin, centrocampista del Gaziantepspor all’epoca dei fatti nel Buyuksehir Belediyesi, e 2 anni per Serdar Kulbilge, portiere dell’Ankaragucu. Otto i dirigenti, di cui due del Fenerbahce (Sekip Mosturoglu e Ilhan Eksioglu), squalificati per un massimo di 3 anni.
Queste sentenze non hanno certo fatto piacere alla Uefa, che già l’anno scorso escluse i campioni del Fenerbahce dalla Champions League – assegnando però tra le polemiche il posto al Trabzonspor anch’esso soggetto a indagine. All’indomani della sentenza Platini, presidente della Uefa, ha annunciato la tolleranza zero: “Se non ci sono state retrocessioni, non ci sarà nemmeno l’Europa”. Oltre al Fenerbahce sono state escluse dalle prossime competizioni europee, per motivi relativi al mancato pagamento di stipendio e mancato rispetto delle regole del fair-play finanziario, anche il Besiktas e il Burzaspor. Le altre iscrizioni sono ancora sub judice. Una decisione quella che sarà presa quest’estate a Nyon, sede della Uefa, cui guardano con apprensione anche diverse società italiane.