L’uscita di scena di Luis Moreno Ocampo, l’argentino che guida la procura della Corte Penale Internazionale (Icc) dalla sua nascita, coincide quasi con il decimo compleanno della Corte, che ha ufficialmente visto la luce il I luglio del 2002.
Sono in molti a sperare che questa uscita di scena e contestuale entrata in campo del nuovo Procuratore (anzi Procuratrice: Fatou Bensouda del Gambia) rappresentino un nuovo inizio per l’Icc. Ve ne è senza dubbio bisogno: dopo anni di attese e aspettative, negli ultimi tempi le critiche rivolte a questa istituzione, ed in particolare all’operato del Procuratore, si sono fatte sempre più pressanti e acute.
La politica della Corte è stata duramente criticata per molti motivi, tra cui anzitutto per essersi troppo concentrata sui paesi africani. Non si tratta di una distorta percezione soggettiva, bensí di un dato inconfutabile. Le sette indagini aperte dalla Corte in questi anni sono tutte relative a paesi africani: Repubblica Democratica del Congo, Uganda, Repubblica Centrafricana, Sudan, Kenya, Libia e Costa d’Avorio.
Oggetto di ‘esame preliminare’ da parte dell’Icc, in quanto teatro di commissione di crimini internazionali, si trovano invece al momento sorvegliati speciali anche paesi come l’Afghanistan, la Georgia, la Colombia, l’Honduras, la Corea, la Nigeria (e fino a poche settimane fa Israele/Palestina per i presunti crimini commessi a Gaza durante l’operazione Piombo Fuso del 2008/9).
Ma anche riguardo a tali esami preliminari (che non equivalgono ancora ad indagini vere e proprie) l’ufficio della Procura dell’Icc non è andato esente da critiche sia per le decisioni prese (ad esempio la decisione di non aprire le indagini in Palestina e in Iraq), sia per quelle non prese (si pensi ad esempio che la Colombia è sotto osservazione e attende una decisione sull´apertura delle indagini da oltre 6 anni).
Le critiche all’operato del Procuratore si sono ancor più intensificate a seguito del maremoto che ha investito i paesi arabi a partire dalla rivoluzione tunisina del gennaio 2011, con i sanguinosi episodi che ne sono seguiti, che hanno messo in luce l‘impasse della Corte su tutti i fronti.
Il Procuratore si trova impotente di fronte ai gravissimi eccidi di civili commessi in Siria (non avendo la Siria ratificato il trattato istitutivo della Corte questa non può avere giurisdizione sui crimini commessi sul territorio siriano in mancanza di una – improbabile – risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu), ma anche ai crimini commessi in Libia (ove invece la risoluzione del Consiglio di Sicurezza è arrivata in fretta e furia ma ciò nonostante non si è riusciti ad attenere il trasferimento all’Aia dei Gheddafi e i loro uomini).
Eppure – nonostante le evidenti difficoltà – le speranze e attese della comunità internazionale, a partire dalle vittime di tali orrendi crimini e dalle organizzazioni per i diritti umani, continuano ad essere rivolte alla Corte dell’Aia. Come dichiarava il direttore della sezione giustizia internazionale di Human Rights Watch proprio l’altro giorno: “in Siria e in altri paesi massacrati dai conflitti negli ultimi dieci anni l’Icc è divenuta il simbolo dell’ultima e migliore speranza di giustizia”.
La speranza è dunque che Fatou Bensouda sia capace di introdurre un cambiamento significativo nelle scelte di intervento dell’Icc, mostratasi in questi primi anni molto timorosa di scontentare i poteri forti, ed in definitiva troppo orientata verso considerazioni di ordine politico più che giuridico. Con ció non si vuole negare che questioni di opportunità politica entrino inevitabilmente nelle considerazioni del Procuratore della più importante istituzione penale a livello internazionale. Come non si vuole nascondere che in qualche misura tale politica (o real politik) oltre ai danni ha portato anche qualche frutto: il numero di Stati parte dell’Icc è passato dai 60 del 1 luglio 2002 ai ben 121 del giugno 2012, sebbene i veri poteri forti, gli Stati Uniti, la Russia, la Cina …, ancorché molto corteggiati, non si siano ancora convinti a legarsi alla Corte (ratificando il suo trattato istitutivo, lo Statuto di Roma).
Ora tuttavia, a distanza di 10 anni dall’inizio, c’è bisogno di una netta sterzata che traghetti l’ICC in una nuova fase. C´è bisogno di mostrare chiaramente che non si tratta di una giustizia forte con i deboli e debole con i forti. C´è bisogno di accelerare il passo: sei anni per chiudere un processo, e solo in primo grado (vedi il caso Lubanga), non puó essere un ritmo sostenibile.
Se Bensouda sará la persona giusta per tale compito resta tutto da verificare. Sebbene la sua nomina sia una scelta apparentemente nel segno della continuità (Bensouda è stata il vice procuratore di Ocampo in questi anni), non mancano pareri positivi sulla sua persona, certamente più riservata, seria e meno mediatica del Procuratore uscente, da sempre molto impegnato tra un film festival e un social event alla ricerca di qualche testimonial vip alla Angelina Jolie.
E quindi? Fine primo tempo, fischio dell’arbitro, zero a uno, palla al centro!
Perdonatemi la triviale metafora calcistica ma, non solo siamo in mezzo agli europei, il fatto è che, per quanto sembri incongruente passare dai criminali di guerra ai calciatori, Moreno Ocampo è stato ora chiamato a dirigere le indagini anti-corruzione per conto della Fifa e pare che un tempo fosse pure l’avvocato di Diego Maradona… Mi chiedo per quale disgraziato evento sarà invece ricordato come il primo Procuratore della Corte Penale Internazionale.
Va bene, forse si è capito, l’uomo non mi è simpatico.
Speriamo nel secondo tempo, e di non dovere arrivare ai calci di rigore!