«Quanto viene?» chiede Dona Raimunda, vedova e madre di otto figli. «Sei palmas», risponde il cassiere. La donna, allora, estrae dal portafoglio delle strane banconote. Il negoziante le accetta mentre lei si allontana con le buste.
Brasile, quartiere povero di Fortaleza. Qui, nella comunità di Palmeiras, la spesa-e non solo- si fa così. Del real, la moneta corrente del paese, Dona Raimunda e gli altri ricordano poco e niente. «Compro le medicine e ciò che serve per sostentare la mia famiglia, pago il gas e tutto il resto con i palmas – afferma la donna – non ho “soldi veri”. Non so neanche come sono fatti». La Banca Palmasè una Banca di Credito Comunitario creata, sei anni fa, grazie all’idea e al sostegno di alcune ONG. Si tratta di un progetto innovativo, fondato su sistemi economici solidali, il cui scopo è superare la povertà urbana facendo circolare la ricchezza nella comunità sorta, trenta anni fa, come favela.
Le famiglie, che non riescono ad avere accesso al credito e alla valuta nazionale, possono comprare tutto ciò di cui hanno bisogno utilizzando i palmas (un palma equivale a un real), la moneta coniata dalla banca con cui vengono saldati anche i salari. I negozianti, inizialmente scettici, si sono ricreduti. «Posso retribuire i collaboratori, mandare avanti la mia impresa». L’accesso al credito ha infatti aumentato il reddito e ora i venditori possono richiedere prestiti restituendo la somma in sei rate e con un tasso di interesse inferiore. Ma questa è solo una delle tante facilitazioni. Esiste anche una speciale carta di credito, una sorta di microfinanziamento per il consumo, valido solo per gli acquisti all’interno del quartiere. Un’opportunità dal duplice beneficio – per venditori e utenti – priva di costo, con un credito iniziale di 20 reais, e che può arrivare a 100 se il titolare è puntuale nei pagamenti.
«In altre parole – spiega Joaquim de Melo Neto coordinatore della Banca Palmas – chi non riesce ad avere fiducia dagli enti di credito può ottenerla con noi e venire ricompensato per il proprio lavoro». Un impegno che crea crescita e possibilità d’impiego concrete grazie all’investimento su piccole realtà autonome:
Un gruppo di donne ha ottenuto un prestito pari a 15000 reais, con i quali sono state acquistate delle macchine da cucire. Così è iniziata la produzione del brand Palma Fashion, una linea di vestiti per uomo e donna. Per sviluppare la loro collezione hanno ricevuto la consulenza del SEBRAE (Agenzia brasiliana per il sostegno all’imprenditore e al piccolo impresario), con corsi di design e modellismo, per creare un prodotto di qualità ad un prezzo competitivo, che rispondesse alle esigenze del mercato. I vestiti sono commercializzati dentro e fuori la comunità con un guadagno per le sarte pari a 270 reais al mese. Oggi, dopo tanto impegno e dedizione, si sentono orgogliose. Imprenditrici di loro stesse e della loro attività.
Un’altra storia di successo, resa possibile grazie al finanziamento di Banca Palmas, è quella dei giovani di Palmeiras che, non trovando nulla sul mercato del lavoro formale, hanno pensato ad una valida alternativa al fantasma del primo impiego. Con l’aiuto del SEBRAE hanno assunto un chimico che li ha aiutati a sviluppare una linea di prodotti per le pulizie, distribuiti nella zona e commerciati in palmas, un’idea che ha coinvolto, in un circuito solidale e localizzato, tutti gli abitanti del quartiere che ne sono diventati convinti sostenitori.
Che una favelas diventi un… ‘Brand’? Tutto è possibile nel Brasile di oggi, ricco di innovazione sociale e in cui anche il ‘Palmas’ sta superando i confini della sola comunità: dopo un consolidato periodo di assestamento, infatti, la moneta inizia ad essere ben accetta anche in diversi istituti di credito tradizionali.
È proprio sulla “localizzazione” e sul territorio che ha deciso di puntare anche la JAK Bank, la banca etica svedese il cui acronimo significa “Terra, Lavoro, Capitale”, un istituto cooperativo con sede a Skövde che mira a valorizzare l’ambiente, l’uomo e le sue risorse attraverso un ritorno all’economia reale. Sembrava impossibile, quasi come coniare una nuova moneta, eppure 35.000 soci, solo in Svezia, si sono riuniti in questa iniziativa e oggi possiedono (realmente) la loro banca.
Ciascuno detiene una sola azione ed ha lo stesso potere decisionale nel consiglio direttivo. Tra i membri avviene il finanziamento e il prestito di denaro (senza alcun profitto per il servizio fornito o interessi), oltre le regole speculative del tradizionale mercato finanziario.
Risparmiatori per i risparmiatori, dunque, che realizzano un approccio all’impresa nuovo, etico e solidale. Perché l’innovazione sociale parte da piccole grandi scommesse. In Brasile come in Svezia.
E in Italia?
PS. Ringrazio per i contributi gli amici brasiliani dell’Istituto di Tecnologia Sociale ed in particolare Gerson da Silva Guimaraes.
Elisa da Silva Guimaraes e Antonella Andriuolo di ASVI Social Change, per il supporto alla stesura.