Quella di oggi potrebbe essere una giornata da ricordare per tutte le donne che lottano per affermare i propri diritti. La Corte Costituzionale dovrà infatti esprimersi sul quesito di legittimità costituzionale sollevato lo scorso gennaio dal giudice titolare di Spoleto, dopo la richiesta di una sedicenne di abortire senza coinvolgere i genitori. La questione posta riguarda infatti la legittimità dell’art.4 della legge 194 sulle circostanze per cui è autorizzata l’interruzione di gravidanza. L’articolo stabilisce che può abortire entro i primi novanta giorni, “la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito” può rivolgersi a un consultorio”.
Il giudice tutelare ha sollevato l’incidente di costituzionalità partendo da un pronunciamento della Corte di giustizia europea in materia di brevettabilità dell’embrione, che definisce l’embrione come “soggetto da tutelarsi in maniera assoluta”. E proprio in virtù di questo pronunciamento, secondo il magistrato spoletino, si può presupporre che l’articolo 4 della legge 194 è in contrasto con i principi generali della Costituzione, in particolare con quelli della tutela dei diritti inviolabili dell’uomo (art. 2) e del diritto fondamentale alla salute dell’individuo (art. 32 primo comma della Costituzione). Altre obiezioni sono state formulate dal giudice con riferimento agli articoli 11 (cooperazione internazionale) e 117 (diritto all’assistenza sanitaria e ospedaliera) della Costituzione.
Se dunque oggi la Corte Costituzionale dovesse ritenere che vi fosse un profilo di incostituzionalità, il destino della legge 194, nella sua attuale formulazione, sarebbe segnato. In discussione infatti non è il diritto della minore ad abortire, ma il diritto stesso della donna di scegliere se portare avanti o meno la gravidanza. Relatore del procedimento dovrebbe essere, secondo quanto si apprende, il giudice Mario Morelli, lo stesso che, quando era magistrato di Cassazione, scrisse la sentenza che, nel 2008, mise fine alla vicenda di Eluana Englaro, in coma vegetativo per 17 anni, dando il via libera, nel rispetto della volontà della ragazza e su richiesta del padre, al distacco del sondino che la alimentava artificialmente.
Polemiche e pronostici si sono già sollevati numerosi. Secondo il bioeticista e magistrato Amedeo Santosuosso, in Italia non c’è ”margine per una prospettiva diversa da quella disciplinata dalla legge 194: il bilanciamento tra il diritto dell’embrione e quello della madre – chiarisce – è stato infatti chiarito dalla sentenza della Corte Costituzionale del 1975, che aprì la strada all’aborto in Italia, ed è alla base della 194. Inoltre la Corte europea dei diritti dell’uomo non ha mai stabilito la piena soggettività dell’embrione, ma nelle sue sentenze ha avuto una posizione sempre oscillante, lasciando ampio margine di apprezzamento alle leggi nazionali sull’aborto”. Secondo l’avvocato e segretario dell’Associazione Luca Coscioni, Filomena Gallo, ”il giudice di Spoleto è andato oltre i suoi poteri: doveva dare un’autorizzazione ed i suoi doveri erano di adempimento della legge; invece, ha sollevato un dubbio di costituzionalità conseguenza di una forzatura giuridica”. La 194, sottolinea inoltre Gallo, ”è già stata confermata da referendum e dalla stessa Corte Costituzionale”.Non la vede così invece Francesco D’Agostino, membro del Comitato nazionale di bioetica, secondo cui ”nel ’75 la Consulta giustificò l’aborto per una differenza di valori tra la madre, che è una persona, e l’embrione, che non lo è. La Corte di giustizia europea invece ha espresso nel 2011 la consapevolezza che la dignità umana va dal concepimento, e che quella dell’embrione non può essere gerarchizzata. C’è quindi spazio per una nuova riflessione da parte della Corte Costituzionale”.