Boiata, una grande boiata. Chissà come è piaciuto a Giorgio Squinzi il suono di questa parola scelta con estrosa imprevedibilità per rendere noto urbi et orbi il suo rimarchevole e pensoso giudizio. Chissà con quale compiacimento si è ascoltato mentre la pronunciava, estraendola da un vocabolario paleogoliardico e facendola friggere e sfrigolare allegramente davanti a un pubblico ormai assuefatto alle intemperanze. E’ probabile che il presidente della Confindustria con questa sua svelta incursione nel lumpenproletariat lessicale si sia sentito, una volta tanto, un disinvolto giovanotto, uno spiritoso irresistibile, un supernotabile però assai trendy e alla mano. E proprio in un momento cruciale: mentre informava l’intera popolazione del suo parere sulla riforma del lavoro proposta dal ministro Fornero. Un picco di ribellismo verbale e di spiccia condanna che subito dopo si autosmentiva perché l’ intervento si concludeva con l’invito ad approvare comunque quei provvedimenti .
E’ possibile che la riforma in questione sia una boiata, e magari del tipo fantozzianamente pazzesco. Ma questo non può dirlo il presidente della Confindustria mentre ricopre il ruolo di presidente della Confindustria. Gli dovrebbe essere tassativamente vietato. Quale rappresentante di categoria incaricato di esprimere opinioni collettive destinate a incidere sulla vita pubblica del Paese avrebbe il dovere di usare un linguaggio diverso. Attenendosi a un italiano corretto, senza sbracatezze, e rispettando l’ufficialità della sua carica con parole e concetti magari durissimi ma non fastidiosi o avvilenti per l’uditorio.
Abbiamo una classe dirigente dal profilo mediocre. Dimostri almeno di di saper usare un lessico appropriato. Immersioni e discese nelle sgangheratezze dello spontaneismo più colorito e demenziale non ci sono certo state risparmiate in questi anni. E non hanno reso più simpatico nessuno degli intemperanti, semmai hanno fatto nascere in molti una gran nostalgia per certi formalismi di circostanza.
Insomma se proprio dobbiamo soffrire ora pretendiamo di farlo con decenza, in una cornice dignitosa, circondati da parole adatte . Senza boiate di contorno.