Abbiamo posto tre domande al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in merito alla vicenda Stato-mafia.
E speriamo proprio che dal Presidente arrivino risposte convincenti.
Lo abbiamo fatto perchè siamo convinti che nessuno debba essere considerato “più uguale di altri” cittadini. Perché, dopo il periodo berlusconiano, non vorremmo scoprire di essere passati dalla padella alla brace. E, davanti a una richiesta di chiarimento, crediamo che le risposte siano dovute. Senza nascondersi dietro riserbi istituzionali di sorta.
Noi cittadini italiani abbiamo il diritto di sapere se ci sia stata una indebita ingerenza nei confronti del lavoro dei magistrati e le risposte che Napolitano vorrà fornirci serviranno proprio a questo.

Giorgio Napolitano è il Presidente della Repubblica e ha il ruolo di difendere le istituzioni e il loro prestigio. Per questo deve rispondere a queste domande, proprio per dirimere le ombre e i dubbi, allontanando non da sè, ma dal suo ruolo, i sospetti di vicende poco chiare.

Ecco quindi le tre domande:

1. Il presidente Napolitano era o non era al corrente dei tentativi messi in atto dall’ex presidente del Senato Nicola Mancino per evitare un confronto diretto con gli ex ministri Scotti e Martelli in merito alla presunta trattativa Stato-mafia del 1992 e dalle conseguenti pressioni che dal Quirinale venivano esercitate su sua esplicita richiesta?

2. Il Presidente della Repubblica era a conoscenza della lettera indirizzata al Procuratore generale della Cassazione e firmata dal segretario generale del Quirinale Donato Marra per chiedere di adottare “iniziative che assicurino la conformità di indirizzo delle Procure”, e cosa significava questa formula nel caso in questione?

3. Il presidente della Repubblica è mai intervenuto personalmente con il procuratore nazionale antimafia per discutere il caso Mancino, e in caso affermativo con quale finalità?

Attendiamo, fiduciosi, una risposta.

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