Non poteva andare meglio a Cuccuccu’, alias l’Indiano: un tema tagliato su misura. Sono stato nominato commissario interno agli esami di maturità. La prima prova: lo scritto di italiano. A me toccava il secondo turno di assistenza, a metà mattinata. Sapendo le tracce dei temi proposte dal ministero e conoscendo abbastanza i miei studenti, sono arrivato ben convinto della scelta di Cuccuccu’: la tipologia D, quella che una volta chiamavamo “di attualità”, parlava delle difficoltà che si incontrano a vent’anni.

Più volte, negli ultimi tempi, l’Indiano mi aveva raccontato le sue vicissitudini e di come tutti i suoi guai fossero cominciati proprio a quell’età, quando si era trasferito dall’isola di Mauritius in Europa. Lasciava una vita libera e spensierata, immersa in una natura preponderante, dalla bellezza selvaggia. Le sue giornate trascorrevano tra fiumi, mare, colline, spiagge, in un ambiente incontaminato. Era un ragazzo inquieto e irriverente: invece di andare a scuola, scorrazzava in giro per l’isola sul motorino con la sua ragazzetta. Così il padre decise di spedirlo in Europa, dove già c’era la sorella, per assicurargli un futuro. Lui partì con grande entusiasmo per il suo primo (e ultimo!) volo aereo. Si aspettava di cominciare una seconda vita ma ben presto le sue belle speranze furono mortificate dal duro scontro con la realtà. Trovava un mondo completamente diverso: altre usanze, altre religioni, altre tradizioni e, soprattutto, un’altra lingua per lui incomprensibile. La fatica del lavoro, la clandestinità e la scomodità di una stanza da dividere con tanti altri immigrati. Dall’infelicità fu facile passare all’alcool. E cominciarono i primi guai: un arresto al semaforo, le botte in caserma perché credevano che rifiutasse di parlare (mentre in realtà non ne era capace), fino alla rissa con lesioni che portò alla prima condanna. Da allora un calvario di reati, la droga, le pessime frequentazioni e il carcere, così tanto carcere che oggi, alla resa dei conti, si accorge di aver fatto più anni chiuso che libero. Tra un arresto e l’altro ha trovato comunque modo di rintracciare l’antica fidanzatina, farla venire in Italia e avere da lei due figli (con cui poi purtroppo non ha più contatti).

Ora l’Indiano ha quasi finito di scontare la sua pena ed è in attesa di una misura alternativa alla detenzione. Ha cominciato gli esami che dovrebbero portarlo al diploma di maturità. Ho sbirciato tra le righe del suo elaborato e spero per lui che abbia saputo descrivere le sue vicende. Per quel che ho potuto, gli ho consigliato di partire dalla sua esperienza personale anche per parlare a ipotetici ragazzi, dare loro consigli sugli errori da non commettere per non rovinarsi la vita. Lo può fare semplicemente immaginando di rivolgersi ai suoi due figli, oggi poco più che ventenni.

Un buono scritto è fondamentale per l’esito dell’esame. Cosa a cui i nostri studenti tengono molto più di quel che si potrebbe supporre. È sempre sorprendente vedere come persone che nella vita hanno collezionato diversi reati si intimoriscano di fronte a un palcoscenico o, nel nostro caso, alla vigilia di una prova d’esame. L’altro giorno uno di loro, per sdrammatizzare un momento di particolare agitazione, è sbottato: “Vabbe’ aoh, ma che ce possono fa…più de questo!?”.

E già, tolta la malattia è difficile immaginare una condizione peggiore di quella di chi è privato della libertà.

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