''O ci salviamo tutti insieme o non si salva nessuno”. Il presidente di Confindustria richiama con forza a una maggiore integrazione dell'Unione europea. "La disgregazione dell’eurozona condurrebbe al fallimento di decine di migliaia di imprese e di centinaia di banche, alla perdita di milioni di posti di lavoro"
”O ci salviamo tutti insieme o non si salva nessuno”. Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, intervenendo ad un convegno sull’Europa federale, non usa mezzi termini. Secondo il leader degli industriali un default dell’area Euro porterebbe soltanto nel primo anno, un crollo del Pil tra il 25 e il 50 per cento. Quindi l’unica soluzione per Confindustria è un ricompattamento degli stati membri in seno all’Unione europea perchè in caso contrario la disgregazione dell’eurozona condurrebbe rapidamente al fallimento di decine di migliaia di imprese e di centinaia di banche, alla perdita di milioni di posti di lavoro e “all’esplosione di deficit e debiti pubblici nazionali”. Insomma per Squinzi “la vera scelta è di stare tutti insieme in un’Europa che sia veramente unita”. Per questo, ha aggiunto, “nei giorni scorsi ho invocato la buona politica, materia che scarseggia e di cui avremmo estremo bisogno”. Squinzi ha sottolineato che l’Europa ha avuto un “brusco risveglio“. Un risveglio innescato da una crisi che lui inizia a considerare “irreversibile per un modello economico che ha retto il mondo occidentale per oltre due secoli”. Per questo, ha proseguito, “l’Europa può sostenere il confronto solo se compete come sistema” e “nessuno stato, da solo, nemmeno la Germania, potrà avere ruoli attivi nelle nuove configurazioni che si stanno costruendo nell’economia mondiale”. L’eventualità di un default- ha aggiunto Squinzi – avrebbe come conseguenza un eventuale dissolvimento dell’euro, con ricadute peggiori del crack Lehman Brothers.
Poi l’industriale chimico passa alla questione greca. “Un ritorno alla Dracma costerebbe adogni cittadino greco tra i 9mila e 500 e gli 11mila e 500 euro a persona solo nel primo anno, il che equivale al 40-50 per cento del Pil nazionale. La stima, tratta da una ricerca di Ubs, e il presidente di Confindustria la considera più che attendibile. “A ciò – ha proseguito Squinzi – si aggiungerebbero un default nazionale, il collasso del sistema bancario e il blocco del commercio internazionale”.
A giudizio di Squinzi “è necessaria un’azione efficace che includa una messa in comune di quote di sovranità che toccano questioni fondamentali come la politica economica”. Insomma, ha puntualizzato, bisogna arrivare ad un accordo sull’unione di bilancio, sull’unione bancaria, sulla graduale armonizzazione delle politiche fiscali, sull’effettivo coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, sulle riforme strutturali (in particolare quella del mercato del lavoro per favorire la ripresa dell’occupazione) sull’emissione dei project bond, sull’esclusione dai parametri del Patto di stabilità sulle spese per gli investimenti, sull’istituzione di un meccanismo attivo di sostegno dei debiti pubblici per cui i debiti nazionali che superano il 60 per cento siano garantiti solidarmente dai 27 paesi che formano l’Ue e su una strategia della crescita che ponga l’industria al primo posto. “E se la realizzazione di questo percorso – ha concluso Squinzi – irto di ostacoli ma essenziale per salvare questa nostra Unione europea, si vuole definire con l’espressione Stati Uniti d’Europa, allora usiamo questa espressione senza timore”.
Per Squinzi deve essere rivisto il ruolo della Bce, importando il modello della Federal Reserve, con una federalizzazione del debito e il varo di euro-bond che “potrebbero rappresentare il volano della crescita”.