Fare un referendum a Bologna è facile come trovare il petrolio: prima proposta di referendum, bocciata; seconda proposta di referendum, bocciata.

Anche il nuovo tentativo del Comitato Articolo 33 di dare la parola ai cittadini, in merito ai finanziamenti comunali alle scuole confessionali e attraverso un referendum consultivo, è andato a sbattere contro l’assenza di democrazia diretta che si registra nella nostra fossilizzata città.

Le motivazioni dei “no” sono risibili in entrambi i casi. Con l’aggravante che, ad ogni proposta, ci si arrampica sempre di più sugli specchi pur d’impedire che i cittadini s’esprimano.

Privi del benché minimo senso del ridicolo e di rispetto per le Istituzioni democratiche, anche questa volta, forze politiche filo-clericali e Comitato dei Garanti del Comune di Bologna, hanno di concerto inventato un motivo burocratico per rispedire al mittente la proposta.

Nel frattempo, sebbene la maggioranza di centro-sinistra abbia più volte sbandierato ai quattro venti che avrebbe rinnovato la convenzione con le scuole private solo dopo aver messo in piedi un’istruttoria pubblica, ha proceduto al rinnovo senza indugi. Un piccolo capolavoro di cosmetica: non dicendo più qual’è l’ammontare finale dei finanziamenti, hanno indotto la cittadinanza a credere che saranno minori rispetti al passato, quando invece inevitabilmente aumenteranno.

Così come sono aumentati i bambini che si vedono negato il diritto costituzionale a una buona scuola pubblica, laica e gratuita per tutti. Ad oggi sono, nella sola Bologna, sono 465.

Il vizio mortale che ha permesso la nascita dell’Ulivo, del Partito Democratico e del centro-sinistra è a tutt’oggi un tabù intoccabile.

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