Anche il governo italiano ha il suo Monster, un portale per chi cerca e offre lavoro in Internet. Ma a due anni dal lancio di mostruoso ha soprattutto il costo: due milioni di euro solo per la gestione dell’infrastruttura di rete. Lo si raggiunge digitando l’indirizzo, non proprio intuitivo, www.cliclavoro.gov.it. In soldoni è una banca dati online che permette l’incontro tra domanda e offerta al pari di altre decine di portali specializzati. La differenza è che il costo del servizio è a carico dei contribuenti italiani e non è proprio a buon mercato: solo la parte di “sviluppo e conduzione” della piattaforma, oggi in fase di aggiornamento, richiede 1,6 milioni di euro più Iva. Poi ci sono i costi di sette persone che lavorano a tempo pieno al servizio. Il tutto a fronte di numeri così stringati in termini di accesso e fruizione del servizio da rendere quella spesa un’avventura ad alto rischio di spreco.

Potrebbe cominciare da qui la revisione della spesa dei ministeri che il governo dei tecnici ha annunciato per il prossimo triennio con un obiettivo di risparmio di 30 miliardi. In particolare dalle spese e dagli sprechi di quel Ministero del Lavoro che – tra articolo 18, esodati, e pensioni riformate – ha imposto il rigore al suo esterno senza averlo rivolto verso se stesso. Scovarle non è facile. Alcune voci illuminano ogni tanto l’orizzonte della spesa di struttura. Solo il servizio di pulizia dei locali delle sedi del Ministero, ad esempio, costa più di un milione di euro l’anno. Per l’esattezza 3,9 milioni Iva esclusa per 48 mesi per garantire le pulizie degli stabili di via Flaminia 6, via Fornovo 8 e De Lollis 12. Spese strutturali, si legge nel fitto bilancio del ministero. Così non sembra poi così strano se tra personale e spese varie gli stanziamenti per tenerlo in piedi, con uffici e diramazioni periferiche, ammontano a 529 milioni di euro. Solo la voce “servizi e affari generali per le amministrazioni”, cioè il funzionamento vero e proprio della “macchina ministeriale” pesa per 46 milioni di euro.

Il costo del portale Cliclavoro è dunque una goccia nel mare rispetto al gran calderone delle spese. Ma ha la sua importanza nello spiegare come rivoli di denaro pubblico possano scorrere paralleli e sfociare in un oceano di spese. Il portale governativo dedicato all’intermediazione pagato dai contribuenti, del resto, non è il primo ma l’ultimo. Proprio in questi giorni 300 precari dell’Isfol, la società pubblica di ricerca sul Mercato del lavoro che fa riferimento al ministero, protestano per il loro licenziamento imminente. Isfol, questo il paradosso, ha a sua volta un portale web (www.isfol.it) con tutta l’infrastruttura e le risorse che servono, l’area informativa, l’orientamento, le banche dati. Ma l’ente è avviato sulla via del tramonto mentre il portale gemello Cliclavoro gli fa le scarpe in un dumping tra iniziative pubbliche che fanno capo allo stesso ministero. E non c’è il due senza il tre, perché c’è un altro ente strumentale con portale annesso dedicato al mondo del lavoro. Si chiama Italia Lavoro (www.italialavoro.it) ed è un carrozzone che da tempo naviga in acque mosse sotto il profilo dei conti, soprattutto per via delle assunzioni degli ultimi anni che hanno visto il personale salire di un centinaio di unità (da 319 a ben oltre i 400) e i trasferimenti statali per le iniziative e le spese contrarsi. L’ente è oggi interessato da una profonda revisione della struttura e delle spese (dal 2008 la società ha dovuto organizzare una precipitosa fuga dalle partecipazioni azionarie che stavano facendo colare a picco i bilanci) mentre fa ancora un effetto che in una struttura nata ai piedi del ministero del Lavoro i precari (contrattisti a progetto) siano lì lì per superare i dipendenti.

Comunque sia il governo Monti oggi si ritrova tre portali sul lavoro in un momento in cui il lavoro non c’è. Cosa ne farà non è dato sapere. L’ultimo nato in casa lo ha ereditato dal precedente esecutivo e i suoi numeri non sono incoraggianti. Fortemente voluto dall’ex ministro Maurizio Sacconi, il portale Cliclavoro fluttua nel web dall’ottobre del 2010 portandosi dietro 342mila curricula e 10mila offerte di aziende che cercano personale. Sono segnalati 36mila “messaggi di interesse” scambiati tra imprese e cittadini. Se e quanto l’interesse sia poi diventato contratto non è dato sapere, nonostante l’avviso ai naviganti reciti: “Il lavoro a portata di clic per l’impresa e il cittadino”. I responsabili del servizio insistono sulla bontà del progetto e sulle intenzioni del governo non si sbilanciano. “Al momento non si hanno indicazioni diverse – spiega Grazia Strano, responsabile dei sistemi informativi automatizzati – . Si deve tenere conto che il portale realizza il sistema di incontro tra domanda e offerta di lavoro in ottica europea e che integra tutti i servizi al lavoro sviluppati negli anni a seguito di adempimenti di legge (comunicazioni obbligatorie, prospetto informativo dei lavoratori disabili, albo informatico delle agenzie per il lavoro).

Quanto ai numeri esigui, dal ministero si rivendica che il 7% di candidati e imprese che hanno pubblicato un CV o un’offerta di lavoro hanno poi instaurato un rapporto di lavoro che li coinvolge reciprocamente. Ma se sia avvenuto tramite questo servizio o altro non è chiaro.

Tutt’altri numeri offrono gli operatori da tempo presenti sul mercato nazionale e in rete, a costo zero per lavoratori e cittadini. Il citato Monster, punto di riferimento per il recruiting online, ha una dote di 130mila offerte l’anno e di 45mila cv caricati ogni mese. Anche le agenzie di somministrazione tradizionali con piattaforme in rete staccano Cliclavoro di un bel po’: Obiettivo Lavoro, ad esempio, colleziona 4,3 milioni di cv e 105mila offerte ogni anno. Il sito governativo, a onor del vero, riporta anche studi e statistiche sul mercato del lavoro e un’area news con rassegna stampa che viene costantemente aggiornata. Ma analoga attività realizzano i siti specializzati e gli enti locali deputati alla materia (in particolare le Province che gestiscono gli ex sportelli del lavoro). Per non parlare dei citati Italia Lavoro e Isfol.

L’iniziativa a giudicare dai numeri non ha sfondato. Cliclavoro nasce per il web ma anche in rete sembra non andare lontano. I suoi “amici” su Facebook sono poco più di 5mila e quando lancia un sondaggio la risposta non è proprio da macro campione statistico. Forse è la domanda che non scuote le coscienze: il 9 maggio scorso, ultimo sondaggio pubblicato, a chi cerca lavoro viene chiesto quali errori non bisogna assolutamente fare durante un colloquio. Il campione ha deciso: non bisogna arrivare tardi. E lo hanno deciso in 12 contro i 5 che hanno optato per “passare subito a parlare della retribuzione”. Zero per la terza risposta, presentare un cv troppo scarno o troppo dettagliato. Così l’iniziativa lanciata con entusiasmo due anni fa sembra già naufragare verso il flop, con numeri al palo e costi di gestione che continuano a correre. Lì, come spesso succede nel pubblico, c’è trippa per gatti come dimostra il bando da 2 milioni per gestire l’infrastruttura di rete. E lì, Cliclavoro, qualcuno lo fa lavorare sicuro.

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