Non ci fu complotto, né ci sono le prove. Anzi l’ipotesi che Bruno Contrada sia rimasto vittima di un complotto dei pentiti “non ha alcuna concretezza né aggancio probatorio” e pertanto non ci sono nuove prove tali da permettere la revisione del processo dell’ex numero due del Sisde, condannato a dieci anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. E’ questa, in sostanza, la motivazione con la quale, il 5 giugno scorso, la II sezione Penale della Cassazione ha confermato il no a un nuovo processo disposto dalla Corte d’Appello di Caltanissetta l’8 novembre 2011. In Cassazione la difesa di Contrada aveva sostenuto che la Corte nissena non avesse attentamente valutato il quadro probatorio emerso dall’indagine difensiva e basato, tra l’altro, su alcune dichiarazioni del collaboratore di giustizia Vincenzo Scarantino, fatte in sede di indagine e contenute nel libro del magistrato Antonino Ingroia, dal titolo “Nel labirinto degli Dei”. Da queste dichiarazioni, secondo la difesa, emergevano prove di complotto dei pentiti ai danni di Bruno Contrada. Cui i supremi giudici avevano negato la revisione il 5 giugno scorso.
Su questo punto, nella sentenza n.25126, la Cassazione spiega: “Non è questa la sede per stabilire la correttezza o meno della mancata trasmissione al giudice della cognizione dei verbali delle dichiarazioni rese dallo Scarantino al dr Ingroia; quel che conta è che – come esattamente notato dall’impugnata sentenza – dichiarazioni accusatorie non riscontrate…, ove pure riversate nel processo celebratosi a carico dell’odierno ricorrente avrebbero, semmai, potuto avvalorare l’ulteriore materiale accusatorio già raccolto e in base al quale si è pervenuti a pronuncia di condanna”. Né il ricorso in esame, scrive la Corte “ha evidenziato un qualche punto in cui le dichiarazioni dello Scarantino, per quanto accusatorie, divergano dalle prove in base alle quali è stata emessa condanna nei confronti dell’odierno ricorrente, limitandosi a sottolineare che il collaboratore afferma che sicuramente qualcuno non aveva in simpatia Bruno Contrada. Ma, come giustamente notato dalla gravata pronuncia, l’ipotesi che per ciò solo egli sia rimasto vittima di un qualche complotto non ha alcuna concretezza nè aggancio probatorio sicchè non oltrepassando la soglia della mera congettura è inidonea ai fini dell’art 630 lett c) cpp”. Lo scorso settembre la corte d’Appello di Caltanissetta aveva ammesso la revisione del giudizio nei confronti dell’ex poliziotto, ma ora sulla vicenda sembra essere stata detta l’ultima parola.