Nel mondo politico e associativo femminile italiano le quote rosa sono sempre state oggetto di scontro e discussione. “In passato ero fortemente contraria alle quota rosa – spiega Lorella Zanardo, membro del Comitato direttivo di Win, organizzazione internazionale di donne professioniste con sede ad Oslo – perché convinta che ogni donna in gamba ce la potesse fare con le proprie capacità.
Sono la stata la prima donna-manager a entrare in una multinazionale in Italia, ma mi sono ricreduta: non basta essere brave. Per sopravvivere in un ambiente così maschile come quello delle aziende, le donne devono adeguarsi al mondo maschile e cambiare il proprio modo di essere. Credo che dopo aver introdotto le quote rosa per qualche anno, si possano togliere e consentire alle donne di andare avanti per i propri meriti, e questo sia nelle aziende che in politica. Ma le quote rosa ora servono”.
Dello stesso avviso Caterina Soffici, autrice del libro “Ma le donne no” e blogger de Ilfattoquotidiano.it. “Le quote rosa sono un male necessario – osserva – Non sono per questa soluzione a prescindere, ma oggettivamente c’è un problema di rappresentanza nel nostro Paese. In linea generale non credo che le donne siano migliori degli uomini, se non per due qualità che soprattutto in questo momento potrebbero essere molto utili: il loro essere più sensibili alla conciliazione e alle politiche per la famiglia, cose non considerate dagli uomini, e l’essere più dirette e meno attaccate alla poltrona. Se decidono una cosa, vanno fino in fondo a qualsiasi costo, evitando inciuci e compromessi”.
Argomenti però che non convincono il fronte contrario, che trova proseliti soprattutto nelle file del centrodestra. Sentita da Ilfattoquotidiano.it, per l’ex ministro per la Gioventù del governo Berlusconi, Giorgia Meloni, “le quote rosa sono una toppa a un problema che non si risolverà mai così. Serve una rivoluzione del merito e non caricare le donne di tutte le responsabilità in famiglia. Per riequilibrare la situazione in politica trovo più interessanti altri strumenti, come quello della doppia preferenza facoltativa di genere. Nelle aziende invece le quote rosa sono l’unico strumento per rompere il muro”.
Contraria anche l’ex ministro delle Pari opportunità, Mara Carfagna, che alle quote rosa in politica preferisce il meccanismo della doppia preferenza di genere. “Le quote rosa sarebbero uno strumento in più per attaccare la legittimità delle donne nel ruolo che ricoprono – spiega a Ilfattoquotidiano.it – Magari si potrebbe pensare a introdurre delle quote rosa nelle organizzazioni direttive di partito. Anche se ci sono molte donne che vogliono entrare in politica, spesso infatti i partiti sbarrano loro la strada. Per i cda delle aziende invece le quote rosa sono necessarie”.
Contraria alle quote rosa anche la radicale Emma Bonino, vicepresidente del Senato: “Non posso pensare di lottare per una società per quote. Capisco che molte delle mie amiche si siano arrese ad una situazione di non valorizzazione delle capacità femminili, che è patetica in Italia. La struttura sociale ha scaricato sulle donne tutto il welfare immaginabile. Per avere più donne in politica servono infrastrutture sociali per la cura di bambini, anziani e malati e una forte volontà di intraprendere la carriere politica, accettandone tutti i costi e carichi conseguenti. Altre scorciatoie non ne conosco”. Ma se chi ha vissuto gran parte della stagione politica italiana del dopoguerra come lei, si trova a dover riconoscere che la situazione femminile in Italia è patetica, forse “qualche scorciatoia” allora serve.