Ricordate quando le quattro (ex) ragazze terribili di Sex and the City 2 si erano cacciate nei guai ad Abu Dhabi per i costumi sessuali come al solito disinvolti di Samantha Jones? E la scena al mercato della città araba con le protagoniste inseguite da orde di musulmani integralisti? Ecco, la solita spocchia occidentale che è relativista in tutto, tranne che nei confronti della cultura islamica, si dirà. Sì e no, in realtà. Perché alcune sacche di machismo esasperato (e violento) sono presenti eccome nel pur variegato universo musulmano.
Ma la tv, che in Italia tratta la donna come un oggetto (sessuale, of course), che immagine ci dà del rapporto tra cultura islamica e universo femminile? A guardare Tre donne (Babel Tv, piattaforma Sky, dal 20 luglio ogni venerdì alle 21), serie siriana che arriva ad arricchire il palinsesto per il Ramadan del canale multiculturale dedicato (anche) ai nuovi italiani, sembra che la situazione non sei così negativa. Sì, perché dalla Siria, martoriata da una guerra civile ancora lontana dalla conclusione, arriva una sorta di Sex and the City in salsa araba. È la storia di tre donne, appunto, alle prese con gioie e dolori di una società piena di contraddizioni. Tre storie, tre vite diverse da vivere: Laila e le imposizioni del fratello estremista e con una femminilità prorompente che scalpita sotto il velo; Alia e la famiglia ingombrante; Nadin e una modernità di vedute che non sempre fa rima con felicità.
Temi sociali, passioni, dolori, il tutto ambientato in una Damasco che, nonostante il regime baathista che da anni soffoca le libertà dei cittadini, è da secoli centro di modernità, incontri e sintesi culturali.
Scordatevi le disinibite Carrie, Samantha, Miranda e Charlotte, ovviamente. Ma preparatevi comunque ad assistere alla normalità di tre donne che vivono come qualsiasi altra donna nel resto del mondo. Va bene il relativismo, dunque, ma non bisogna dimenticare che la donna è donna ovunque. E da sempre scalpita, combatte, vince e perde, alla ricerca dell’unica cosa che conti davvero: la libertà di essere se stessa.
E magari qualche dirigente televisivo di casa nostra accenda la tv il prossimo 20 luglio e si sintonizzi su Babel (non a caso diretto da una donna, la competente e vulcanica Beatrice Coletti). Vuoi vedere che la lezione su come si tratta la donna in tv arriva da dove meno te lo aspetti?
PS: Mi dicono (e la cosa mi incute un sano terrore) che sono l’unico “rubrichista” uomo di Donne di Fatto. Cercherò di sopportare questa responsabilità, certo che ogni tanto vi farò arrabbiare. Ma spero che riusciremo ad analizzare il ruolo della donna in tv, a evidenziare una volta di più il ritardo italiano e, perché no, avanzare insieme proposte e idee che tenteremo di far arrivare a chi di dovere.