Se, allora, tutto si allontana da quanto in realtà possiamo toccare con mano, e l’attenzione si concentra sull’immagine che abbiamo del reale. Se infine quello che conta è la filosofia con cui guardiamo alla realtà, allora è chiaro che il libro di Martina Liverani è tra i testi che aprirà un’epoca prossima futura. Perché in un mondo in cui il corpo diventa sempre più lontano dalla sua descrizione e dalla sua percezione, Martina obbliga ad una riflessione concreta sul ritorno alla vita, alla felicità, alla dimensione umana, ad essere chi si è, e non a chi si dovrebbe essere.
La percezione di chi siamo è appannata da Photoshop? Dopo la presa di coscienza di associazioni femminili, anche partecipate da uomini, sul tema dell’immagine femminile, e il lavoro di autrici italiane ed internazionali, giornaliste, scrittrici, registe, siamo arrivate al punto in cui non occorre solo denunciare. Ma costruire una nuova narrazione.
Solo attraverso un nuovo discorso di e con se stesse, un nuovo parlare di come siamo senza diktat, solo attraverso la partecipazione e la comprensione dei nostri reali desideri potremmo avere una vita sana. Con reazioni sane. Con realizzazioni e professioni sane. Con amori sani, come anche cibi, abitudini, case, arredamento, artisti, esposizioni, vacanze e gioielli sani. La salute è alla base del nostro benessere. Rinunciando alla salute per essere percepite come ideale estetico non abbiamo tempo da dedicare alle nostre intelligenze, ai nostri hobby, ai lavori, ai figli. Le nostre fisime sono inutili agli occhi degli uomini, e tuttavia ci fanno passare la maggior parte del nostro tempo in attività inutili a noi stesse e al mondo.
In Italia siamo 2 milioni e mezzo in più. Uno stivale abitato da donne che si perdono nel senso di un paio di chili, invece che di un paio di libri. O un paio risate. O un paio di passeggiate. La ricerca della felicità non è solo necessità di adesione ad un ideale pubblicitario perché le nostre vite non sono (solo) pubblicità. Abbiamo bisogno e ci divertiamo con il fashion e le tariffe telefoniche. Ma le cose importanti sono altre. Prima tra tutte, una parola di cui nessuno fa mai la pubblicità, perché non è business. Al posto del peso, la parola equilibrio. La consapevolezza di potercela fare nonostante le funanbole sia un mestiere nuovo, perché una volta il filo non lo sfidavamo, e rimanevamo in casa, a guardarlo, senza osare. Il coraggio di dire no e di raccontarsi davvero nelle proprie imperfezioni. Anche con il corpo. L’orgoglio di ponderare il vero e il falso – anche delle diete, anche della vita – con intelligenza. Senza illusioni ma anche senza disillusioni. Volersi bene, volersi male, ma volersi, sempre, e non fidarsi non di chi vende, ma di chi cerca.
Fare una dieta. Non fare una dieta. Anche in questo, il significato delle parole è anch’esso la loro percezione. Nell’antica medicina greca la dieta era il complesso delle norme di vita (alimentazione, attività fisica, riposo, ecc.) atte a mantenere lo stato di salute. Martina Liverani invita ad un percorso che riparte da qui: “10 ottimi motivi per non cominciare una dieta” (Laurana Editore, 144 pagine, 11,90 Euro).