Alla riunione dei gruppi parlamentari del Pdl, Cicchitto lancia l'ennesimo avvertimento al governo tecnico. Di occuparsi della nuova normativa che aumenta le pene e amplia i reati dei tangentisti "non glielo ordina il medico", afferma. E l'ex premier si entusiasma
Alla parola “corruzione“, scatta l’applauso di Silvio Berlusconi. Scatta nel momento esatto in cui Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl, scandisce che il governo Monti non avrebbe dovuto occuparsi di portare avanti in Parlamento la nuova legge anticorruzione, che prevede pene più dure per i tangentisti e amplia la tipologia dei reati. E’ accaduto all’assemblea dei gruppi parlamentari del Pdl, e deputati e senatori azzurri si sono subito accodati a battere le mani.
“Diventa sempre più difficile e sgradevole fare – da parte mia – il ruolo del pompiere rispetto a posizioni che condividiamo anche noi”, ha affermato Cicchitto. “Dite a Monti che ci sono due questioni che noi abbiamo messo in carico. Quello che ha combinato il governo sia sulla corruzione che sul lavoro. Noi avevamo detto all’esecutivo: non glielo ordina il medico a un governo tecnico di occuparsi della corruzione”. E ancora: “Tra noi e il Pd c’è la massima differenza: loro rimangono un partito giustizialista“.
Al termine dell’intervento, da Cicchitto è partito l’ennesimo avvertimento al governo dei tecnici. Rivolto a Berlusconi e ad Alfano, che in giornata incontreranno Monti, ha affermato: “Andate a notificare al governo che rispetto alle scadenze e anche rispetto ai voti di fiducia imposti abbiamo già dato”.
Lo sfogo di Cicchitto, e il conseguente entusiasmo di Berlusconi, arriva al culmine di un’estenuante battaglia del Pdl per affossare o edulcorare il ddl anticorruzione. Più volte il partito berlusconiano ha fatto intendere a Monti di essere pronto a far cadere il governo piuttosto che veder passare una legge troppo severa con i crimini dei colletti bianchi. Un’intransigenza che non si è vista nella stessa misura quando si è trattato di discutere altri temi delicati, come tasse, pensioni e altre misure “lacrime e sangue”.
Il provvedimento approvato alla Camera, ora in attesa di discussione al Senato, in realtà è bastato su un testo presentato nel 2010 da un pattuglione di allora ministri Pdl-Lega, tra i quali Angelino Alfano e Umberto Bossi. Testo giudicato “all’acqua di rose” da centrosinistra, Fli, Idv e associazioni impegnate nella lotta alla corruzione. Da qui la battaglia degli ultimi mesi, prima nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia, poi in aula, combattuta soprattutto sulle pene e sulla ridefinizione dei reati.
Osvaldo Napoli: “Negli accordi col governo, Monti non aveva all’interno del proprio programma la problematica della corruzione. Le argomentazioni portate dal governo, non accontentano il PdL”