Il governo è stato battuto due volte in commissione alla Camera nelle votazioni sugli emendamenti al decreto sulla spending review. In entrambi gli emendamenti, del PdL, la maggioranza si è spaccata, così come nel voto finale: Pd astenuto, Pdl e Udc hanno espresso parere favorevole. Comincia la corsa a ostacoli sulla spending review proposta dal governo Monti. E non solo perché vengono risparmiate le pensioni d’oro, a scapito dei buoni pasto dei dipendenti pubblici.
Il decreto, oltre alla nomina di Enrico Bondi a commissario per la revisione della spesa, stabilisce alcune norme per risparmiare sugli acquisti di beni e servizi da parte della Pubblica amministrazione. Il primo emendamento, all’esame delle commissioni Bilancio e Affari costituzionali, su cui il governo aveva espresso parere negativo, esclude Ferrovie dello Stato e Poste dalla “lente” di Bondi nella sua opera di tagli. Più precisamente l’emendamento esclude le “società a totale partecipazione pubblica e le loro controllate, che esercitano un servizio universale di interesse generale”, qualora abbiano chiuso l’ultimo esercizio in attivo. Il Pd ha votato contro perchè chiedeva che per essere escluse dalla supervisione di Bondi dovessero avere gli ultimi tre esercizi in rosso; a favore dell’emendamento Pdl e Udc.
Stessa spaccatura sul secondo emendamento, su cui il sottosegretario Gianfranco Polillo aveva espresso parere negativo. Il testo del decreto stabilisce che negli appalti le buste con le offerte debbano essere aperte in seduta pubblica, pena la nullità. L’emendamento, del Pdl e dell’Udc, fa salve le buste aperte prima del 9 maggio, data di emanazione del decreto. Per il Pd, ha detto il capogruppo Paolo Baretta, si tratta di “una sanatoria”.
Curiosamente Polillo ieri aveva prima dato parere negativo e poi positivo, portando una nota della Ragioneria dello Stato; ma oggi è tornato ad una posizione negativa. La Ragioneria aveva osservato che l’annullamento delle gare già tenute nelle quale le buste erano state aperte non in seduta pubblica avrebbe provocato “contenziosi” con ricadute sulla Finanza pubblica.
Nelle votazioni finali Udc e Pdl hanno votato a favore, mentre il Pd si è astenuto. Baretta ha detto che il suo partito “non è in grado di garantire in aula un iter rapido” del decreto e che chiederà “una discussione approfondita”.
Si profila peraltro una domenica di lavoro per il governo. Il premier Mario Monti infatti ha pre-allertato i ministri per una riunione nella quale dovrebbero essere messi a punto interventi sulla spending review, da presentare a un consiglio dei ministri già lunedì. Tutto è legato a doppio filo al consiglio europeo di Bruxelles. In Aula alla Camera, il presidente del Consiglio ha annunciato di essere “pronto a lavorare fino a domenica sera se necessario” al vertice per far sì che alla riapertura dei mercati lunedì mattina l’Ue sia sia dotata di un pacchetto per la crescita e meccanismi in grado “reggere alle tensioni finanziarie”.
Oggi il sottosegretario Polillo ha incontrato la Cgil per ricevere le proposte del sindacato sulla spending review: dal taglio delle consulenze nella pubblica amministrazione al blocco delle “chiamate” di dirigenti dall’esterno, per passare a un tetto da porre alle pensioni d’oro fino al blocco degli acquisti degli F35. Sui tagli al pubblico si registra anche la dichiarazione del ministro competente, Filippo Patroni Griffi, secondo il quale non si può trattare solo di tagli alla pubblica amministrazione, ma si deve puntare sulla “riorganizzazione ed eliminazione degli sprechi. Ci stiamo muovendo in questo senso”. “La riorganizzazione della Pubblica amministrazione – conclude Patroni Griffi – deve riguardare non tanto le dimensioni, anche perché l’Italia in questo è al di sotto della media Ocse, quanto piuttosto la produttività e l’efficienza. Ai cittadini servono buoni servizi non la punizione dei dirigenti”.