Sedimenti neri come la pece e acqua che sembra petrolio. A Taranto i problemi ambientali legati all’industria siderurgica non si limitano all’inquinamento atmosferico: davanti agli scarichi delle acque di raffreddamento dell’Ilva, in cui già da anni sono vietate la pesca e la balneazione, un video shock di Fabio Matacchiera, esperto di ispezioni subacquee, accusa la più grande acciaieria d’Europa dello scempio ambientale in corso. Accuse gravi e ingiustificate, ribatte l’azienda, che ha investito un miliardo di euro nella difesa dell’ambiente. E che ora intende intraprendere azioni legali non solo nei confronti dell’autore del filmato, ma anche “dei giornalisti che, senza alcuna verifica della fondatezza della notizia, hanno divulgato tale video”.
Ecco il video ‘incriminato’
La battaglia che divide la città di Taranto sulle sorti dell’Ilva si fa sempre più aspra. Soprattutto da quando i video girati dall’ambientalista Fabio Matacchiera (l’ultimo diffuso solo ieri) rischiano di rendere vani gli sforzi della compagnia di abbandonare la nomea di killer ambientale. I filmati mostrano le pessime condizioni del mare in cui sfocia il canale artificiale che passa attraverso l’acciaieria: testimonianze visive che in pochi giorni hanno ottenuto decine di migliaia di visualizzazioni, ma che hanno mandato su tutte le furie la società del Gruppo Riva.
“Il 25% degli investimenti complessivi è stato speso a favore dell’ambiente, contro il 10% medio delle altre aziende siderurgiche europee”, fa presente l’Ilva. Non solo. “Tutti gli impegni presi con le istituzioni nazionali e locali in materia ambientale sono stati rispettati”, spiega l’ingegner Adolfo Buffo, rappresentante della direzione per la qualità, sicurezza, ecologia dello stabilimento di Taranto: “Nonostante la crisi economica, Ilva ha sempre confermato i suoi investimenti in campo ambientale, e continuerà con lo stesso impegno anche nei prossimi anni”.
Un impegno che mira a coinvolgere anche la cittadinanza tarantina, ormai spaccata in due sull’annosa questione del polo siderurgico locale: con gli Open day, “un’occasione di incontro e confronto” con l’obiettivo di “mostrare alla città i miglioramenti che sono stati fatti negli ultimi 15 anni, dalla privatizzazione in poi”. “Spesso questo stabilimento viene rappresentato attraverso immagini e fotografie che non raccontano il presente”, scrive in un comunicato Andrea Rogazione, Responsabile Comunicazione Ilva: “Con questa iniziativa vogliamo mostrare il vero volto della fabbrica”.
Un volto diverso da quello reale, insiste Matacchiera, per cui quella degli Open day è una trovata dell’azienda per difendere la sua maschera ambientalista: “La facciata è diversa, ma non lo è la sostanza. I miei video, dopo la pubblicità che si è fatta l’Ilva nell’ultimo periodo, ha scalfito l’immagine verde di questa azienda”, chiosa l’attivista tarantino. Che, nonostante le possibili ripercussioni, non si preoccupa più di tanto: “Per i miei legali non c’è la sussistenza della querela, perché quando faccio un video sto molto attento a dichiarare cose che posso sempre dimostrare. In ciò che filmo non c’è nulla di diffamatorio – aggiunge – Viene riproposta solo la realtà”.
Per l’Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpa), i filmati in questione non dicono nulla che non si sapeva. “Conosciamo già lo stato di contaminazione dei sedimenti prelevati da Matacchiera”, afferma Massimo Blonda, direttore scientifico dell’Arpa Puglia e autore di una relazione incentrata proprio sulle vicende di questi ultimi giorni: “Sulle scie oleose non abbiamo elementi perché quando è intervenuta la Capitaneria di porto si erano già dissolte, quindi non possiamo dire nulla né sulla natura né sull’origine. Per quanto riguarda i sedimenti – aggiunge Blonda – il responsabile della contaminazione non è immediatamente identificabile, perché i contaminanti hanno un’origine storica diversa”.
Per Matacchiera, che ha presentato un esposto alla Digos della Questura di Taranto (destinato alla procura della Repubblica) per accertare origine e grado di inquinamento di quanto presente nel Mar Grande, lo stabilimento tarantino dell’Ilva ha comunque i giorni contati: “C’è aria di sequestro. Se non altro di quelle parti di impianto che compromettono maggiormente l’ambiente e la salute delle persone. Ecco perché in queste ultime settimane si stanno battendo, anche organizzando manifestazioni con gli operai”. Poi conclude: “E’ il risultato della difficile situazione in cui si trovano: stanno capendo che qualcosa dal punto di vista giudiziario arriverà”.