“L’azzeramento dei partiti è sacrosanto. La situazione dei partiti in Italia è putrefatta, non è curabile”. Lo dice Giovanni Sartori, non Beppe Grillo. Al Corriere la definirebbero terminologia populista e millenarista. Invece il Paese è davvero in preda a convulsioni che vengono da una febbre molto lunga. I partiti, tutti, non hanno più nessuno strumento per accorciare la distanza tra autorità, consenso e rappresentanza. E non è un problema solo della politica, ma pure della società e di istituzioni secolari come la Chiesa. Cambiamenti così profondi generalmente nella storia avvengono in modo violento o con svolte autoritarie. E nelle statistiche i nostri 67 anni di pace sono una bizzarra eccezione.
Non sbaglia chi dice che siamo dentro una guerra internazionale sublimata in vertici, acquisizioni e fallimenti. Non è più un problema solo di malaffare o di inchieste. È il destino di un organismo ipertrofico che ha superato la coerenza “economica” tra autoriproduzione e funzione rispetto al contesto ambientale. Un grasso e ottuso Dodo appollaiato tra i frutti in decomposizione mentre i passeri muoiono di fame. Non sappiamo quanto servirà un Parlamento amputato e rinnovato ma è l’unica speranza che abbiamo di gestire questa accidiosa agonia.
Grillo da parte sua ha finalmente realizzato la missione comico-profetica che lo ha sempre animato, fin da “cercasi Gesù”. Nella danza della realtà la sua autorappresentazione del mondo è divenuta movimento collettivo e aggregazione di consenso. Come tutti i Messia raggiungerà anche l’ultima delle visioni, morire consensualmente per il suo popolo. Dopo avere inviato apostoli in Parlamento (l’ultimo libro “Tu sei rete” è quello più esplicitamente evangelico) è ipotizzabile che la sua funzione terminerà e gli stessi seguaci ne decreteranno la destituzione.
La Rete, cioè informazione e consenso in tempo quasi reale, mangia gli stessi pescatori che la tendono, quando non sono più credibili. Quando si espongono trattando temi su cui non hanno competenze. Insomma è impossibile dire cappellate per tutti. Anche per Grillo quando parla di politica estera. È una gran cosa e anche che lui stesso ne è felicemente consapevole. L’ultimo dei guru in grado di fare l’ultima autoprofezia sulla rinuncia al ruolo che non ha mai voluto avere. E sulla cui bicipite missione, fare il politico senza esserlo, occorre dirlo onestamente, ha anche campato molto bene in questi anni. Non è un peccato. Beato chi i soldi che guadagna dicendo la verità li investe per dirne altra.