Lei sta parlando con una che nel 1976 ha organizzato la manifestazione ‘Riprendiamoci la notte’. Figuriamoci se mi spavento”. Bianca Maria Pomeranzi non è una che le manda a dire. Sa di aver vinto una sfida non facile – essere eletta al Comitato per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne delle Nazioni Unite, 26 candidate per 11 posti –, ma sa anche che quella che l’attende è una battaglia lunga e complicata . L’Italia conta 73 donne uccise nel solo 2012 e proprio l’altro giorno la Special Rapporteur dell’Onu, Rashida Manjoo, ha presentato il suo rapporto sul nostro Paese nel quale è scritto che “il femminicidio è un crimine di Stato sopportato dalle istituzioni”.

Bianca Maria Pomeranzi

UNA VITA dalla parte delle donne, tra attivismo femminista e un posto da viceconsigliera nazionale di Parità. E quel punto di partenza, la manifestazione del 28 novembre 1976, quando ventimila fiaccole illuminarono i luoghi più malfamati di Roma al grido di “siamo donne, né puttane né madonne”.

“COSA PUÒ fare l’Italia oggi? – si chiede Bianca Maria Pomeranzi – Lavorare molto sull’informazione, mantenere la società civile, e le femministe in particolare, attente ai linguaggi, contribuire al rovesciamento dell’immagine delle donne come soggetti vulnerabili, denunciare piuttosto le situazioni che inducono la vulnerabilità”. La violenza sulle donne è un problema culturale, che il “ventennio neo-liberista che abbiamo vissuto ha acuito: un lunghissimo periodo che ha involgarito, impoverito, confuso l’immagine delle donne”. E la colpa non è soltanto delle televisioni commerciali, di Colpo Grosso, delle letterine o del bunga bunga di Silvio Berlusconi: “Tutta la politica istituzionale ha avuto la tendenza a mandare il femminismo in cantina – prosegue Pomeranzi –, anche i partiti della vecchia o nuova sinistra, anche i movimenti che non sono stati attenti al linguaggio sessista, che ha molto a che fare con la violenza”.

E però qualche passo in avanti è stato fatto, almeno in tema di presa di coscienza: “La manifestazione del 13 febbraio 2011 (organizzata dal comitato Se non ora quando?, ndr) ha evidenziato con forza la volontà delle donne di ribaltare quell’immagine. Da un punto di vista normativo, la legge del 1996 (quella che ha inserito la violenza sulle donne tra i reati contro la persona e non più contro la pubblica morale, ndr) e la legge sullo stalking sono state importanti. Ma non è ancora sufficiente. Non si tratta semplicemente, semmai fosse semplice, di creare per le donne pari opportunità nei ruoli di potere, si tratta di incidere sui linguaggi.

Bisogna lavorare sulle cause e non soltanto sulla, pur importante, democrazia di genere”.

da Il Fatto Quotidiano del 28 giugno 2012

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