Il presidente della Repubblica ribadisce che non ci sarà alcun voto anticipato, nonostante le tensioni tra i partiti: "Si voterà nel 2013". L'auspicio del Colle è di tornare a un accordo sulle riforme istituzionali e sulla legge elettorale. Mugugni da destra: "Ingerenza"
Il voto per il rinnovo di Camera e Senato ci sarà “nell’aprile del 2013”. A metterlo in chiaro è Giorgio Napolitano che alla vigila di un Consiglio Europeo cruciale per l’Italia e per il governo Monti, prende carta e penna e in una lunga nota punta il dito contro le forze politiche che sostengono l’esecutivo “colpevoli” di acuire, proprio in un momento così delicato, “la conflittualità e la polemica politica”. Una presa di posizione netta quella del Quirinale pronto a bacchettare i partiti sul tema delle riforme, rimarcando come non ci siano ora, proprio a causa di questa conflittualità, le condizioni per misure “radicali” auspicando comunque modifiche circoscritte, come quelle relative alla legge elettorale. Ma Pdl e Lega non ci stanno rivendicando l’autonomia del Parlamento su questi temi. E il Popolo della libertà, con Berlusconi, rilancia anche sul presidenzialismo.
Il Capo dello Stato critica l’approvazione con “una ristrettissima maggioranza” dell’emendamento sul Senato federale approvato con i voti di Lega e Pdl. L’auspicio del Colle è che si ritorni al progetto iniziale frutto di un accordo tra le forze politiche e che prima della scadenza del legislatura si modifichi anche la legge elettorale. Il duro richiamo del presidente della Repubblica, che solo in un passaggio plaude alla “larghissima convergenza” del Parlamento sul mandato di Monti in Europa, ha come obiettivo – spiegano dal Colle – quello di far ritornare i partiti allo spirito originario delle riforme. Il presidente della Repubblica non avrebbe nascosto ai suoi consiglieri e collaboratori l’irritazione per quanto accaduto a palazzo Madama dove l’asse Pdl-Lega ha permesso, con una strettissima maggioranza, l’approvazione di un emendamento targato Carroccio per l’istituzione del Senato federale.
Il Capo dello Stato, è la spiegazione data alla decisione poi di diffondere una nota dai toni così allarmati, ha voluto ribadire il suo ruolo di garante della Costituzione. Un ragionamento che si lega anche alla decisione di mettere nero su bianco che la scadenza della legislatura è fissata al 2013. La presa di posizione del presidente della Repubblica incontra l’approvazione di Gianfranco Fini. Il presidente della Camera non solo ribadisce la necessità che per l’approvazione delle riforme “ci sia un larga e solida maggioranza” ma, in linea con quanto scritto dal Quirinale, mette in guardia dal rischio di un voto anticipato: “Andare ad elezione ad ottobre sarebbe un salto nel buio”. Le parole del Capo dello Stato non piacciono al Pdl che, fuori dai taccuini, non esita a parlare di una vera e propria ingerenza confermando l’intenzione di procedere a palazzo Madama con l’obiettivo del semipresidenzialismo. Un concetto ribadito da Angelino Alfano che guarda all’autonomia delle Aule.
Silvio Berlusconi evita commenti sui richiami del Colle limitandosi a ricordare quanto detto in diverse occasioni: “Ho fatto un passo indietro dal governo – ricorda l’ex premier – perchè con questa Costituzione non si può governare il Paese”. Da qui il rilancio sull’elezione diretta del capo dello Stato. Ad anticipare la posizione del Pdl su questi argomenti era stato Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera rivendicando “l’autonoma determinazione dei partiti e la libera dialettica parlamentare” da “interventi” al di fuori del Parlamento. A fare eco al Pdl ci pensa la Lega Nord. Roberto Maroni bolla come “stravaganti” le parole di Napolitano: “Il Parlamento è sovrano – sottolinea – e non vedo come il presidente della Repubblica possa dire che non ci sono i tempi”. Pronto a raccogliere l’invito del Capo dello Stato a moderare i toni e andare avanti con le riforme è invece Pier Luigi Bersani. Il segretario del Pd, a Bruxelles per il summit del Pse, prova a stemperare i toni: “Non voglio litigare con nessuno”, mette in chiaro, ma “al Senato gli accordi sono stati stravolti da Lega e Pdl”. Ed è proprio ai due partiti che si rivolge Anna Finocchiaro invitandoli a tornare sui loro passi evitando che “l’appello del Capo dello Stato cada nel vuoto”. Sulla stessa linea si colloca l’Udc che affida al suo capogruppo al Senato Gianpiero D’Alia: “Non facciamo cadere nel vuoto le parole di Napolitano – è la richiesta – sarebbe un errore madornale”.