Il presidente del Consiglio ha chiarito agli altri capi di governo che il nostro Paese si riserverà di dare il proprio sostegno al patto se non ci sarà anche un meccanismo anti-spread per i Paesi virtuosi. Ok da Francia, Spagna e soprattutto dal vicepresidente Ue Olli Rehn
Pubblicamente non si registrano passi avanti, ma il “difficilissimo” negoziato portato avanti da Mario Monti al Vertice Ue sullo scudo anti-spread va avanti. Il premier arriva al palazzo del Justus Lipsius forte del sostegno del capo dello Stato e dei partiti della sua strana maggioranza. Compreso quello di Silvio Berlusconi, secondo il quale l’Italia ha rispettato gli impegni e ora merita misure immediate. Ma il fatto che il Professore abbia messo sul tavolo la minaccia di non partecipare alla cooperazione rafforzata sulla Tobin Tax (l’arma usata da Monti contro la Merkel) se non si registreranno passi avanti sul fronte dello spread, la dice lunga sugli ostacoli che si trova davanti. In sostanza i punti finora trattati, ivi inclusa la crescita, non possono considerarsi chiusi perchè l’Italia si riserva di dare il proprio sostegno solo se ci sarà un accordo finale sull’insieme dei temi, incluso un meccanismo che tuteli i paesi virtuosi dallo spread.
La proposta di Monti ha ottenuto il sostegno di Francia, Spagna e – in giornata – della Commissione europea che per bocca del suo commissario Olli Rehn ha detto che servono misure che proteggano Italia e Spagna dalle turbolenze dei mercati sui titoli sovrani. Posizione quest’ultima che fa ben sperare la delegazione italiana, visto che l’eurogoverno è solitamente molto attento a non sostenere proposte sgradite a Berlino. Ma proprio dalla Germania arriva la doccia fredda, per bocca del ministro delle Finanze tedesche, Wolfgang Schaeuble, indicato come possibile “alleato” dell’Italia. Del resto c’era lui a rappresentare Berlino nella quadrilaterale di Parigi in cui si era registrata una “cauta apertura” tedesca allo “scudo”. Ma in un’intervista al Wall Street Journal, Schaeuble conferma punto su punto i “nein” già pronunciati dalla Merkel: se l’Italia vuole usare le risorse del Fondo salva-Stati può farlo, ma deve farne formale richiesta. Prorio ciò che Monti non vuole, perchè vorrebbe dire aprire le porte dell’Italia alla Troika (Commissione, Bce e Fmi). Inoltre, per Schaueble le risorse in dotazione al Fondo (l’attuale Efsf e l’Esm) sono sufficienti. Mentre a detta dell’Italia, per proteggere i titoli di Roma e Madrid servirebbe ben altro: le risorse della Banca Centrale europea, direttamente con la garanzia del Fondo o indirettamente, concedendo all’Esm la licenza bancaria che consentirebbe di usufruire dei prestiti agevolati di Francoforte.
Una situazione di stallo che il premier cerca di rompere con una serie vorticosa di incontri e telefonate prima dell’inizio del summit: vede Van Rompuy e Barroso, sente Hollande, Rajoy e, soprattutto, la Merkel. Ma il risultato, ammettono fonti italiane, è “interlocutorio”.
Il vertice comincia: si parla di crescita, di bilancio, persino di agricoltura. Del nodo spread neanche una parola, almeno fino alla cena di lavoro. Ma del dossier se ne occupano gli “sherpa” del gruppo di lavoro dell’Eurogruppo, riunito in modo pressoché permanente da giorni. Per l’Italia c’è Vittorio Grilli che tenta di capire le reali intenzioni di Berlino, i margini di manovra. Intanto la “rigorista” Finalndia mette sul tavolo una proposta che prevede l’emissione di obbligazioni garantite dal patrimonio pubblico del Paese e il sostegno del Fondo salva-Stati. Un’idea, forse ispirata dalla Germania, ma immediatamente bocciata come “inutile” da fonti italiane. Il negoziato prosegue, ma resta in salita.