Pronti, partenza, via. Scatta domani la 99esima edizione del Tour de France, da Liegi (in Belgio), città che tanto significa per il ciclismo. Sarà un Tour atipico con un percorso in controtendenza rispetto agli ultimi anni: poca montagna (solo tre arrivi in salita) e tanta, tantissima cronometro. Tra il prologo e le tappe di Besançon e Chartres i chilometri di corsa contro il tempo individuale saranno oltre 100 (101,4 per la precisione). Un’enormità, considerando che all’ultimo Giro d’Italia erano appena 35. In una cronometro di 50 chilometri (come quella della 19° tappa, che precederà l’arrivo finale sui Campi Elisi) uno specialista può infliggere un distacco anche di quattro minuti agli scalatori. E questo potrebbe sconvolgere le gerarchie della corsa.

Così, chi vorrà fare la differenza dovrà avere ottime gambe, tanto coraggio e segnare in rosso sul calendario le poche date a disposizione: il primo arrivo in salita, già alla settima tappa a La Planche des Belles Filles (vetta inedita sul Massiccio dei Vosgi) farà sicuramente delle vittime; poi sarà decisiva soprattutto la due giorni a cavallo del 18 e 19 luglio, sui Pirenei, con le Alpi quest’anno decisamente in secondo piano.

In Italia tutte le attenzioni saranno per Vincenzo Nibali. Lo “Squalo” di Messina, già settimo in Francia nel 2009, è il miglior talento del ciclismo nostrano, e ha puntato tutta la stagione sul Tour, che correrà da capitano della Liquigas. Le prestazioni delle ultime settimane non sono state irresistibili, ma le possibilità di fare una corsa di vertice ci sono tutte; era dagli anni d’oro di Ivan Basso (quest’anno nelle vesti di fidato scudiero proprio di Nibali) che non avevamo un corridore in grado di ambire potenzialmente alla vittoria finale. A qualche successo di tappa punteranno invece il velocista Alessandro Petacchi (l’ultimo italiano a vincere al Tour, nell’edizione 2010) e Michele Scarponi, della Lampre.

La lista dei papabili vincitori della maglia gialla è comunque lunga. Anche perché mancherà Alberto Contador, dominatore assoluto delle grandi corse a tappe degli ultimi anni, squalificato fino ad agosto per una controversa vicenda di doping. Come assente sarà il suo sfidante ed erede designato, Andy Schleck, messo fuori gioco da una grave frattura ad una vertebra.

In classifica ci sarà spazio per molti se non per tutti. A partire da Cadel Evans, vincitore lo scorso anno e al via con il dorsale numero 1: l’australiano è probabilmente l’unico grande campione in gara in questo Tour 2012, ma i 35 anni che si porta sul groppone non sono uno scherzo e alla fine potrebbero farsi sentire.

Saltasse lui, i vari Gesink, Menchov, Samuel Sanchez, Frank Schleck (il fratellone di Andy) o lo stesso Hesjedal (vincitore del Giro 2012) si daranno battaglia per quella maglia gialla che ti cambia la vita.

Anche se un favorito d’obbligo c’è, e si chiama Bradley Wiggins. Il 32enne britannico va fortissimo a crono ed è un buon regolarista in salita, come ha dimostrato con la vittoria la scorsa settimana al Giro del Delfinato. E soprattutto ha dalla sua una squadra impressionante. Il Team Sky oltre a lui può infatti permettersi di schierare corridori del calibro di Michael Rogers (tre volte campione del mondo a cronometro, già nono al Tour 2006 e sesto al Giro 2009), Christopher Froome e Richie Porte, che potrebbero anche coltivare ambizioni da podio; e poi c’è Mark Cavendish, il re delle volate, Boasson-Hagen, Eisel e chi più ne ha più ne metta. Insomma, un’equipe stellare che rischia seriamente di “ammazzare” la corsa. Del resto, il divario dal punto di vista economico con le altre squadre è quasi abissale: il budget annuale del Team Sky sfiora i 30 milioni di euro, cifra da record per una disciplina relativamente “povera” come il ciclismo.

Ma attenzione: nel ciclismo, più che in qualsiasi altro sport, la differenza la fanno le gambe. Se quelle non girano, non c’è gregario o manager sagace che tenga. E Wiggins fin qui in carriera ha sempre avuto una giornata storta che mandasse a monte i suoi sogni di gloria. Alla vigilia, dunque, di sicuro c’è solo l’incertezza: di una corsa che potrebbe non avere un leader fino all’ultimo metro a Parigi, come essere scritta già in partenza. Forse sarà un Tour di transizione, in attesa della storica edizione del centenario, del ritorno di Contador e di Andy Schleck. Ma, noioso o emozionante come mai prima d’ora, sarà comunque e pur sempre il Tour de France. La Grande Corsa: o meglio, la Grande Boucle, unica ed inimitabile.

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