Secondo Divorce Online, nel 2011 una separazione legale su tre nel Regno Unito è stata causata dalla creatura di Mark Zuckerberg. Il trend italiano sembra essere lo stesso“almeno il 20% delle coppie che scoppiano e che arrivano davanti al giudice lo fanno per colpa dei social network e delle chat”
Galeotto fu… il social network. Non sempre le nuove tecnologie facilitano la vita; ne è la prova il fatto che Facebook sia una delle prime cause di litigi, tradimenti e richieste di divorzio. Lo ha reso noto il sito inglese Divorce Online, secondo il quale nel 2011 un divorzio su tre è stato causato dalla creatura di Mark Zuckerberg. Su un campione di cinquemila inglesi che avevano chiesto il divorzio, nel 33% dei casi è stato tirato in ballo Facebook, ribattezzato per l’occasione lo “sfascia-famiglie”. Il trend italiano sembra essere lo stesso; nonostante i numeri per ora siano leggermente inferiori, sembrano destinati ad aumentare.
Gian Ettore Gassani, presidente nazionale dell’Ami – associazione degli avvocati matrimonialisti italiani – ha affermato che nel nostro Paese “almeno il 20% delle coppie che scoppiano e che arrivano davanti al giudice lo fanno per colpa dei social network e delle chat”. Le infedeltà coniugali, sostiene l’Ami, riguardano le coppie di tutte le età, perfino quelle che hanno raggiunto il traguardo delle nozze d’argento. Trovare un cyber-amore all’inizio può sembrare un semplice diversivo alla routine di coppia. Si inizia per noia, per curiosità, per rabbia, forse il giorno in cui il partner è stato particolarmente sgarbato e si avvia un gioco di seduzione che può risultare pericoloso, se è vero – come sostiene l’Ami – che gli incontri virtuali si trasformano in scappatelle nel 70 per cento dei casi e in storie durature nel 30 per cento.
Campanello d’allarme è la dottrina giuridica più recente, che ritiene che la violazione del dovere di fedeltà si configuri anche nelle ipotesi di infedeltà apparente. «La separazione per colpa – ci conferma l’avvocato Laura Vasselli, esperto in diritto di famiglia – non esiste più dal ’75, ma il principio è quello per il quale si fa riferimento al tradimento. La giurisprudenza della corte di Cassazione, che non è fonte di diritto ma crea orientamento sull’interpretazione della legge, ha stabilito che si può avere addebito se si dimostra che per almeno due anni un coniuge frequenta un’altra persona venendo meno ai doveri coniugali. Se si raggiunge e si dimostra un nesso di consequenzialità tra la crisi coniugale e la presenza di qualsiasi altra “distrazione”, vi può essere l’addebito. Il punto, dunque – prosegue l’avvocato – non è tanto il tradimento, che potrebbe rappresentare a livello di relazione solo un momento di rabbia, ma il social network crea degli affetti stabili e quindi una continuità che crea delle vite parallele».
Attenzione, dunque: per gli avvocati il tradimento virtuale è una prova. Siamo tutti avvisati.