Maturità a Rebibbia: ultimo atto. Sul corridoio delle scuole mi bracca un detenuto studente della nostra migliore classe, la III dell’anno appena concluso. Mi mostra il lavoro di ricerca che sta ancora facendo, a scuole chiuse, sull’argomento di economia che abbiamo affrontato nelle ultime lezioni. In effetti, si trattava di un tema particolarmente interessante: il mercato del petrolio (ne parlavamo in anticipo rispetto ai ribassi degli ultimi due fine-settimana e ai tanti commenti che ne sono scaturiti). È comunque per loro un modo di gettare uno sguardo fuori, al mondo che circonda la casa di reclusione; capire meglio ciò che succede e prepararsi a quando torneranno in libertà.
Avevo preso spunto dalla notizia passata alla radio secondo cui nei primi mesi dell’anno si è registrato un forte calo nella domanda di prodotti petroliferi; nello stesso tempo le entrate dello Stato relative ai carburanti sono aumentate. Sulla base dell’analisi della domanda e dell’offerta svolta nel corso dell’anno, avevo chiesto ai “ragazzi” di dare una spiegazione (anche attraverso un’esercitazione scritta) a questi due fenomeni apparentemente antitetici.
La soluzione è nel concetto di elasticità. Abbiamo visto come i beni a domanda rigida sono quelli che soddisfano bisogni primari, con pochi sostituti. La benzina è chiaramente uno di questi. Soprattutto in un paese come l’Italia, povero di risorse del sottosuolo e con una politica energetica che nei decenni non ha investito su risorse rinnovabili, puntando tutto sul basso costo del petrolio, ci troviamo di fronte alla mancanza di alternative sia per chi ha bisogno di energia per produrre, sia per chi si deve spostare per andare a lavorare.
Le infrastrutture dei trasporti costruite a partire dal dopoguerra sono servite ad assecondare gli interessi di grandi gruppi comela Fiat ola Pirelli, determinando lo sviluppo del solo trasporto (privato) su gomma e lo svilimento di ogni altro mezzo (pubblico) via mare o su ferrovia. A ciò si aggiunga un battage pubblicitario martellante sull’auto come status symbol e il fatto che i mezzi pubblici si trovano solo nelle grandi città, dove sono comunque scarsi e inefficienti, spesso indecorosi. I taxi, dal canto loro, fanno prezzi tra i più alti al mondo, se comparati al reddito medio pro capite. Tutto questo ha portato prima a una congestione delle strade (siamo “leader” sia sui chilometri di asfalto sul totale della superficie, sia sul numero di veicoli per chilometro di strada!), poi alla saturazione del mercato dell’auto.
Nell’ultimo anno i milioni di automobilisti hanno dovuto affrontare gli impressionanti aumenti dei prezzi dei carburanti, dovuti ai più svariati motivi: un mercato oligopolistico controllato da poche grandi multinazionali, oscillazioni del corso del dollaro e dell’euro, crisi e guerre medio-orientali, troppo spesso semplici speculazioni sui futures. Ora, nei beni a domanda rigida anche consistenti aumenti del prezzo determinano decrementi nella quantità limitati, meno che proporzionali. Quindi la spesa complessiva (data dal prezzo moltiplicato per la quantità) cresce anche in caso di calo nella domanda.
Ecco spiegato l’aumento del gettito che finisce nelle casse dello Stato, sottoforma di accise che ogni governo – a partire da Mussolini che chiese un finanziamento straordinario per la guerra di Libia, per poi attraversare tutti i disastri e le emergenze della nostra storia repubblicana – ha lasciato accumulare senza che nessuno si sognasse di eliminare quelle precedenti. In altri termini, il prezzo della benzina è talmente alto da compensare (e superare, grazie alla rigidità della curva) il calo della domanda che esso stesso ha determinato. Calo legato purtroppo anche alla pesantissima crisi che stiamo vivendo, in termini di crollo di produzione, chiusura di impianti, aumenti di disoccupati e riduzione nei consumi.
Con gli studenti ci siamo spinti anche a conoscere meglio le determinanti del prezzo del petrolio a livello globale, andando ad analizzare i paesi produttori, le esportazioni e le importazioni, l’organizzazione dell’Opec e tanti altre questioni aperte che forniscono un campo di ricerca molto ampio. Così ampio che i nostri volenterosi “alunni” non hanno ancora smesso di studiare, portando avanti liberamente e autonomamente i propri compiti per le vacanze.