Solo l’ultima barzelletta (e l’ennesimo rimando) di una storia che più si va avanti più diventa surreale: approvare in via definitiva il ddl che taglia il finanziamento, dopo il sì di Montecitorio, sarebbe dovuto toccare al Senato. Ma la cosa è andata per le lunghe, tanto che è stato lanciato l’allarme: mancano i tempi tecnici per riuscire ad approvare il testo in tempo da bloccare la legge. Scadono all’inizio di luglio, tuonano i Radicali. Poi si capisce che in realtà si può arrivare a metà mese. Nel frattempo il governo fa un gioco di rimpalli: “Approviamo noi il decreto”. Poi: “No, forse Palazzo Madama ce la fa a licenziare la legge”. Di nuovo: “Anzi no, tranquilli il decreto lo approviamo noi”.
Evidentemente c’è un problema. E il problema sta nelle cifre ricevute dai singoli partiti, che per quanto abnormi di fatto fino ad ora non sono riuscite ad evitare bilanci perennemente in passivo. Figuriamoci se si ridurranno della metà (o giù di lì: i tecnici della Camera dicono che finché non c’è una legge precisa, non si possono fare conti precisi”). Prendiamo il Pdl: negli ultimi 4 anni ha ricevuto ben 238 milioni di euro, solo per chiudere con un disavanzo di poco meno di 6 milioni nell’ultimo rendiconto pubblicato, quello del 2010. L’ultimo bilancio l’ha approvato in una riunione lampo martedì, ma non è dato sapere con quali esiti: lo pubblicheranno domani, dicono dal partito. Ad ogni modo, previsioni fosche erano state avanzate dallo stesso tesoriere, Rocco Crimi, nonostante il fatto che nel 2011 nelle casse del partito di Berlusconi fossero arrivati quasi 69 milioni di euro. E se fossero la metà quest’anno?
Il Pd dal 2008 ad oggi ha ricevuto 200 milioni di euro, eppure il tesoriere, Antonio Misiani, confessava al Fatto lo scorso aprile un disavanzo di 43 milioni, ammettendo senza mezzi termini che senza i soldi dei rimborsi il partito non poteva sopravvivere. Nel 2011 ha ricevuto poco meno di 58 milioni di euro. Il rendiconto per lo stesso anno si chiude con un attivo di 3 milioni e mezzo di euro. Con una cifra di circa 30 di milioni in meno, cosa ne sarebbe dei Democratici?. Lo stesso Misiani, presentando i conti, ha parlato di “uno scenario radicalmente nuovo”, che “ci dovrà portare a cambiare profondamente il nostro modello di partito”. Insomma, “la scommessa è un grande progetto di autofinanziamento e una drastica riduzione dei nostri costi, a partire da quelli di struttura”. Scommessa quanto meno difficile, visto che – secondo lo stesso rendiconto – le entrate complessive del partito per il 2011 si attestavano a 63 milioni di euro e mezzo. Il Pd peraltro sta sbandierando in tutti i modi, con tanto di volantino ad hoc, che comunque vada destinerà i soldi ai terremotati. Aspettare per vedere. Ma certo, una cosa è una legge, un’altra una eventuale donazione liberale.
D’altra parte, pure l’Udc registrava nel 2010 una perdita di 3,2 milioni di euro. Quest’anno gliene sarebbero dovuto arrivare 9 milioni, ora si parla di 4 e mezzo. E in tutti i partiti, nessuno escluso, i rimborsi elettorali rappresentano la stragrande maggioranza delle entrate complessive. Senza contare “l’ombra” rappresentata dai partiti morti. I Ds, secondo il bilancio appena reso noto, partito morto e dunque non beneficiario di rimborsi, hanno circa 150 milioni di debiti. Nonostante ben 2.399 immobili, in gran parte (1.819) “utilizzati dalle organizzazioni territoriali del Partito Democratico (…) nella maggior parte dei casi con comodato d’uso gratuito”. E se a un certo punto il tesoriere Ugo Sposetti per far fronte ai debiti chiedesse un affitto? Non se la cava bene neanche un altro partito morto, An: che al 31 dicembre 2011 – secondo il bilancio pubblicato ieri sul Secolo – denunciava un disavanzo di 4 milioni e 700mila euro.