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Obama e la vittoria rischiosa

La notizia ha letteralmente sconvolto il paesaggio politico americano. Obama, con la sua riforma sanitaria ha vinto dove avevano fallito tutti, da Roosevelt ai giorni nostri: garantire a tutti gli americani, compresi i 40 milioni che ne sono esclusi, le cure mediche necessarie, ripristinando il valore di uguaglianza, che è fondamento della Costituzione americana. Come è noto, i conservatori americani, che hanno oggi il controllo del Partito repubblicano e la maggioranza alla Camera, si sono battuti proprio su questo punto: chiedere alla Corte Suprema di dichiarare incostituzionale la riforma sanitaria che restituisce l’uguaglianza ai cittadini americani. Quale era stato l’espediente per un percorso così arrischiato? Politicamente una buona idea: giocare il valore di libertà contro quello di uguaglianza. Le cure mediche garantite richiedono l’obbligo per ciascun cittadino di sottoscrivere un’assicurazione (facilitata dallo Stato e modulata secondo il reddito) come accade per gli automobilisti, ma senza il selvaggio mercato libero che tormenta e perseguita, negli Usa come in Europa, gli automobilisti.

Dunque repubblicani si aspettavano, da una Corte suprema conservatrice, che l’invocazione di libertà (ciascuno si cura come vuole e si assicura se crede) avrebbe prevalso su una legge che riporta al centro il valore dell’eguaglianza. Non è andata così e la notizia ha sconvolto il mondo delle notizie americano (Fox Television ha annunciato e poi dovuto smentire la sconfitta di Obama), il mondo dei partiti e quello dell’opinione pubblica. I protagonisti sono dunque Barack Obama, il suo avversario della estrema destra repubblicana Mitt Romney, e la Corte Suprema degli Stati Uniti che, in quel Paese, è anche Corte costituzionale. In quella Corte i giudici “liberal” (noi diremmo “di sinistra”) sono in minoranza di uno, e perciò i repubblicani contavano di cancellare la legge sulla salute che per Obama è la più importante del suo mandato. È accaduto che, inaspettatamente, uno dei giudici conservatori abbia seguito un percorso curioso: accetta, da conservatore, che l’obbligo dell’assicurazione possa essere considerato incostituzionale, perché viola la libertà di scelta (“di commercio”). Ma fa notare che “l’obbligo” consiste solo nel modesto pagamento imposto dalla legge a ogni cittadino e che quell’obbligo non è altro che una tassa. Ora le tasse non sono mai incostituzionali, perché rientrano nei poteri del governo e del Parlamento. Dunque, l’intera legge che prevede cure mediche garantite è accettata e legittimata dalla Suprema Corte. Obama vince e si presenta forte alla prima prova che lo attende, le elezioni presidenziali. Ma se vincerà contro Romney e resterà presidente degli Stati Uniti, lo aspetta la seconda prova, ancora più pericolosa, come in una favola dei Grimm: portare in salvo la sua legge attraverso la foresta della Camera e del Senato.

Obama, infatti, potrebbe restare presidente senza avere una maggioranza nelle due Camere o in una delle due Camere. E persino una maggioranza minima (per esempio, come accade non così di rado negli Usa, la maggioranza di uno o due senatori) non lo metterebbe al sicuro. Per tradizione, nella politica americana, le fughe a destra sono più frequenti delle fughe a sinistra. Clinton ne ha patito anche prima di perdere la maggioranza con cui era stato eletto.

Per capire il rischio che Obama continua a correre, vediamo per quali ragioni il presidente rischia la solitudine o il tradimento. Ci sono due grandi avversari sulla sua strada. Un avversario si mobilita per un immenso potere economico: Obama toglie potere alle potentissime compagnie di assicurazione che finora hanno tenuto in pugno la salute degli americani, decidendo persino chi vive e chi muore sulla base degli interessi di impresa. Un secondo avversario sono le chiese, sia la Chiesa cattolica che le miriadi di chiese e culti che formano il fronte del fondamentalismo cristiano. Insieme si battono contro qualsiasi versione, sia pure terapeutica, dell’aborto, e su ogni libera decisione delle donne sulla maternità. La legge sulle cure mediche garantite di Obama non pone i limiti, chiesti in nome di Dio, alle cure mediche garantite dallo Stato federale. La scelta allora è “cancellare tutto”. Meglio respingere in strada i pazienti di malattie gravi e troppo costose per le famiglie, che ammettere l’aborto in corsia.

Ecco, dunque, l’ostacolo all’impegno di un grande Paese a garantire cure mediche a tutti: la potente alleanza fra religione e finanza, fra chiese e compagnie di assicurazioni, fra Mitt Romney (che è mormone, una religione fondata nel 1849 e che crede nella poligamia) e coloro che giudicano “comunista” curare tutti. Come si vede, proprio mentre è a un suo punto alto di civiltà con Obama, l’America deve confrontarsi con un suo punto oscuro e basso: le grandi imprese assicurative che parlano per bocca di Dio. Il mago di Oz diventa grande politica e deciderà sull’esito delle prossime elezioni americane.

Il Fatto Quotidiano, 30 Giugno 2012