L'ex ministro dell'Interno eletto per acclamazione. Il Senatùr aveva ricoperto l'incarico dal 1989. Duri gli attacchi del fondatore del Carroccio ai dirigenti che "vogliono fare pulizia" e teme "imbrogli" nel nuovo Statuto approvato. Poi, in chiusura, cita la storia di Re Salomone
Cambia il Carroccio e cambia per sempre. Nel secondo e ultimo giorno di congresso ad Assago, Roberto Maroni è stato eletto segretario per acclamazione da circa mille leghisti, militanti e dirigenti che hanno “congedato” Umberto Bossi, primo e unico segretario federale dal 1989 fino alle dimissioni dello scorso aprile dopo lo scandalo dei rimborsi elettorali. L’ex ministro dell’Interno e il Senatur sono entrambi intervenuti dal palco con parole dure nei confronti di quanto è accaduto nel partito negli ultimi mesi tra esigenze di pulizia interna e la necessità di guardare al futuro del movimento. Bossi, infine, visibilmente commosso, ha concluso ricordando la storia di Re Salomone in cui, tra due madri che si contendevano un bambino, quella vera, dinanzi alla proposta del re di dividerlo a metà, ha rinunciato al piccolo. ”Bisognava impedire che la Lega si distruggesse – ha detto Bossi -. Qualcuno non l’ha capito. Questo ho fatto io. Allora il bambino è suo”. Ovvero di Roberto Maroni che, eletto per alzata di mano a scrutinio palese,è convinto che oggi nasca “una nuova Lega” e ha chiuso il congresso ricordando che “Bossi è mio fratello che porterò sempre nel cuore”. Sul palco l’ex e l’attuale segretario si sono lasciati andare ad un pianto quasi liberatorio dopo mesi difficili.
Nel suo intervento Bossi, che in venti minuti non ha mai citato Maroni, ha spiegato che il congresso è stato indetto a causa “dell’attacco della magistratura” e ha ribadito che ”la Lega non ha rubato niente. I ladri sono a Roma, sono farabutti i romani non sono padani”. Riferendosi a Belsito, che avrebbe distratto finanziamenti pubblici destinati al partito per sostenere “i costi della famiglia” Bossi, il Senatur ha affermato: “Io pensavo fosse troppo scemo il nostro amministratore per essere legato alla ‘ndrangheta. Se era così, però, chi lo sapeva lo doveva dire. I servizi segreti lo sapevano”. Poi ammette: “Qualcuno ha aperto la fortezza della Lega dall’interno: avevano un amministratore sbagliato“. Umberto Bossi ha avanzato alcuni dubbi sullo statuto riservandosi di vedere di persona il testo approvato dal congresso per “vedere se mi avete fatto degli imbrogli”. Ha chiamato sul palco, di fianco a lui, il presidente dell’assise, Luca Zaia e si è augurato “che qualcosa non sia cambiato che io non sappia. Volevo leggermi bene le regole, a scanso di equivoci”, ha insistito, specie perché voleva “che a nominare il 20 per cento dei consiglieri regionali e parlamentari” fosse lui.
Dal palco del congresso federale, Bossi si è anche rivolto a chi ha imbracciato la scopa, in segno di ‘pulizia’, durante la serata dell’orgoglio leghista, convocata il 10 aprile a Bergamo, dopo lo scandalo sui rimborsi elettorali. “Quelli che alzano le scope, farebbero meglio, se andiamo a fondo, a non alzarle troppo, ha detto il senatur. Tra quelli che hanno alzato le scope, ha affermato Bossi, “ce n’è uno che il suo autista, invece di farlo pagare al suo Comune, lo fa pagare alla Lega”. Secondo leghisti di area ‘bossiana’, il riferimento sarebbe al sindaco di Verona, Flavio Tosi. Eppure il discorso del Senatur non sembra non aver unito i circa 4 mila leghisti presenti, che nel complesso hanno accolto tiepidamente le parole del presidente del movimento e, anzi, gli spalti si sono divisi parecchie volte tra chi applaudiva e chi no, diversamente dalle settimane scorse.
Al termine del discorso di Bossi ha preso la parola il candidato unico Maroni che ha assicurato “se il congresso mi eleggerà” di garantire “lo stesso impegno che ho messo negli ultimi tre anni nella lotta alla mafia”, “senza tutele, senza commissariamenti, senza ombre, con il consenso di tutti”. Secondo Maroni, nella Lega è stato speso “troppo tempo ad occuparci delle nostre beghe interne” ma è ora di smetterla di “piangerci addosso: non ne posso più”. Assicura che “abbiamo fatto pulizia e continueremo a farla. Non credo ai complotti”.
Aggiunge che i primi obiettivi sono “licenziare il governo Monti senza possibilità di reintegro”, ”chiudere almeno10 ministeri inutili. A partire da quello della Coesione sociale: sono soldi buttati nel cesso” e si prepara per “la madre di tutte le battaglie” che sarà quella “contro il patto di stabilità”. Poi ribadisce che l’obiettivo del movimento è quello di “diventare il primo partito del Nord che dovrà dotarsi di un codice etico per evitare “quello che è successo in questi mesi” . Propone la “regionalizzazione del debito” e un “patto tra tre regioni del Nord per gli esodati”. E come aveva fatto ieri Giampaolo Dozzo, capogruppo del Carroccio alla Camera, aggiunge che “via da Roma può essere la strada” ma anche “via dalle poltrone, via dalla Rai, via dai doppi incarichi”. Sull’Europa afferma che ”noi non siamo contro l’Europa e contro l’euro, a condizione che si possa creare una nuova Europa”. In caso contrario “è meglio uscire dall’euro e poi succederà quello che deve succcedere”.
I lavori di oggi, presieduti oggi da Luca Zaia, sono iniziati sulle note del Va, Pensiero. Non sono mancati neanche i fischi dei militanti all’indirizzo del presidente della Repubblica, partiti quando dal palco il capo delegazione al Parlamento Ue, Francesco Speroni, ha criticato Giorgio Napolitano per il suo intervento in tema di riforme. Pur essendo prerogativa sua nominare il governo, ha detto, “come fa a criticare il Senato della Repubblica che ha deciso sul Senato federale con la maggioranza che ha vinto nel 2008?”. I militanti hanno poi replicato i fischi di disapprovazione quando il capogruppo alla Camera, Gianpaolo Dozzo, ha nominato Elsa Fornero, ricordando che il Carroccio ha presentato una mozione di sfiducia contro il ministro in Parlamento.
“Al capo dello Stato non piace la democrazia, a noi si'”, ha attaccato Speroni, che in un’intervista al Mattino ha aggiunto che ”il ticket Maroni segretario e Bossi presidente è fondamentale” perché, come conferma anche Roberto Cota, governatore del Piemonte, “mai come in questo momento serve unità”. Per Dozzo sono prioritarie la necessità di “portare a termine il federalismo fiscale” e “la questione settentrionale”. Infatti “deve tornare a correre la locomotiva del Nord, che in questo momento stenta ad andare avanti”. Ricorda l’alleanza con Pdl che ora, però, “è passato a sostenere il governo Monti che sta portando avanti delle scelte per noi sbagliate”. Ma “in ogni caso – sottolinea Gobbo – i contatti tra i due partiti proseguono”.
(video di Franz Baraggino e Alessandro Madron)