In questi giorni di calura “vulcanica” è scoppiato il caso del nuovo direttore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e del capo addetto stampa. Non m’interessa parlare del cv delle due persone: se n’è già parlato a sufficienza. M’interessa, invece, analizzare che cosa comportano queste nomine.
Entrambe le persone designate non hanno un background culturale in linea con le attività che l’Istituto svolge. Ciò significa che anche l’ultimo ricercatore, se vuole, può metterli in imbarazzo semplicemente illustrando i problemi trattati dall’Istituto con l’uso dei termini tecnici tipici della disciplina.
E’ ovvio che, se chi deve decidere non capisce appieno la materia in discussione e non sa collocarla nel giusto scenario scientifico, non potrà dare risposte atte a risolvere il problema del caso, né, tantomeno, più in generale, attivare e dare indicazioni circa la ricerca e lo sviluppo dell’Istituto. Non parliamo poi d’introdurre innovazione, del tutto impossibile se non si sa di che cosa si sta parlando.
Un direttore deve essere il portabandiera delle attività del suo istituto, se non nel mondo, almeno in questa Europa che, bene o male, condividiamo con qualche centinaio di milioni di altre persone. Temo che, nella circostanza specifica, la persona in questione non sarà in grado di rispondere alle eventuali domande tecniche di altri direttori, invece estremamente competenti nella materia specifica perché fuori dal nostro Paese, in genere, diventa direttore il più bravo, il più preparato, il più esperto.
Prevedo che i dipendenti dell’INGV, non riscontrando nel direttore una superiorità scientifica o culturale, potrebbero non avere rispetto per lui. Mi figuro già le sghignazzate alle sue spalle non appena sbaglierà un concetto o anche solo un termine. Le imitazioni nei bagni saranno all’ordine del giorno.
E’ ovvio che il direttore dovrà avvalersi di collaboratori, consiglieri, gente fidata su cui contare nell’esercizio delle funzioni. Chi pensate che sceglierà? La risposta più ovvia è che sarà chi lo asseconderà nelle scelte (i lecchini), chi non lo contraddirà mai, chi non discuterà mai con lui, ma obbedirà ciecamente. In alcuni casi , ho paura, saranno preferiti coloro che hanno un quoziente intellettivo inferiore a quello del direttore. Con loro non ci saranno problemi. Risultato: un istituto ingovernabile e caos. Questa è matematica.
I più bravi non staranno ad aspettare le direttive del capo. Cercheranno di andarsene altrove, in paesi dove contano i risultati e dove si troveranno a disposizione colleghi all’altezza. Isole felici ne esistono ancora, grazie al cielo, ma non è facile entrarci.
Se si dovesse prospettare l’eventualità di qualcuno che tenta di andarsene per fare davvero il suo mestiere, senza farne un caso personale ma indovinando grazie ad una statistica ricavata dall’esperienza, la reazione del direttore non si farà attendere, e sarà una sola: mobbing. Si creeranno, allora, ad arte le condizioni per emarginare quei ricercatori. Danno fastidio, non sono in linea con la Direzione. Questo comporterà una “guerra civile” tra i dipendenti dell’Istituto che lo penalizzerà ancora di più condannandolo all’immobilismo e trasformandolo nell’ennesimo carrozzone di cui non credo abbiamo bisogno.
Cari raccomandatori, ma vi rendete conto del danno che fate al paese con questo tipo di nomine? I guastatori fanno meno danno di quello che fate voi. Forse non vi hanno informato che i politici non sono più di moda neanche all’interno del governo. In situazioni difficili ci vogliono tecnici, e anche molto preparati, perché solo loro sono attrezzati per trovare soluzioni con cui uscire dai problemi. Mi chiedo come facciate a non capire regole così elementari e così logiche.