La dialogica come “democratizzazione” del discorso, viene da lontano. Ne parlava già Edgar Morin negli anni Settanta, al momento di varare il suo ambizioso e monumentale progetto del Metodo (sei volumi che abbracciano tutte le declinazioni del sapere, sviluppati nell’arco di quasi trent’anni).
La dialogica è già profondamente attestata nel primo e più innovativo volume, La natura della natura, come superamento della dialettica. In un’intervista di quegli anni proponeva un’innovativa interpretazione del vecchio schema dialettico hegeliano (tesi, antitesi, sintesi), afflitto da un pregiudizio gerarchico: il potere di affermare e di contraddire. Anticipando i tempi, Morin offrì all’incipiente società reticolare lo strumento adeguato per instaurare relazioni paritetiche.
Alla dialogica si richiama oggi Richard Sennett, il sociologo inglese autore di Insieme (Feltrinelli, 2012), il suo saggio più recente di una vasta ricerca sul mutamento delle relazioni sociali – indimenticabile il suo Uomo flessibile, sull’evoluzione del lavoro e la precarizzazione. Nel complesso il testo di Sennett suona come un appassionato grido d’allarme in tempi di individualizzazione e di perdita di solidarietà sociale. Insieme, ripercorrendo la strada dello sviluppo sociale dalla fine dell’Ottocento ai primi decenni del Novecento – anni che hanno visto l’affermazione delle scienze sociali e il porsi di una “questione sociale”, sottolinea il principio della collaborazione fra gli uomini come unica condizione della continuità della vita.
La dialogica torna così alla ribalta e si presta a far da parametro della comunicazione fra pari. Lo strumento adeguato dei social network e delle relazioni interpersonali delle moltitudini. Permette la crescita del dialogo, dello scambio e dell’arricchimento reciproco senza prevaricazioni.
Zygmunt Bauman l’ha subito accolta come suggestione preziosa, parlandone al recente Festival di Pistoia (Dialoghi sull’uomo), di cui abbiamo parlato in un post precedente. Uno strumento in più, duttile e democratico, a disposizione delle moltitudini, nella strada della loro affermazione come gruppo sociale libertario.
La dialogica è il linguaggio della solidarietà. Serve a capire, più che ad affermare; a legare, più che a dividere. È il linguaggio dei legami deboli, quelli intessuti a distanza: lievi connessioni che hanno la capacità di sviluppare il capitale sociale, che sono apportatori di conoscenza e di esperienza comunitaria, che fanno crescere e migliorare la qualità della vita.