Tra i primi firmatari della raccolta firme online anche i Wu Ming e Valerio Mastandrea. Nel testo si chiede che vengano "modificate le norme in modo che i condannati in via definitiva, anche a meno di 4 anni vengano automaticamente allontanati dalle forze dell'ordine"
La prima firmataria dell’appello non poteva essere che lei, la madre, Patrizia Moretti. Seguita dal marito Lino e dal figlio che le è rimasto, Stefano. Accanto a loro si sono schierati esponenti del mondo della cultura, dello spettacolo e della società civile italiani, come Erri De Luca, Vauro, Wu Ming, Don Andrea Gallo, Italo Di Sabato dell’Osservatorio sulla repressione, Nicoletta Dosio del movimento No Tav, Valerio Mastrandrea. Vengono poi esponenti politici come il presidente nazionale dell’Arci Paolo Beni, il segretario nazionale di Rifondazione Comunista ed ex ministro Paolo Ferrero e gli ex sottosegretari alla Giustizia Luigi Manconi e Franco Corleone.
La lista di nomi e cognomi vede anche i familiari di casi assimilati a quello di Federico, come Haidi e Giuliano Giuliani, Ilaria Cucchi, Lucia Uva, Rudra Bianzino e Domenica Ferulli. Sul sito www.giustiziaperaldro.it l’elenco si aggiorna di minuto in minuto.
Tutti si fanno portavoce, alla luce della sentenza della Cassazione del 21 giugno, “di una richiesta di giustizia più ampia che risponda alla necessità di dotare anche l’Italia di strumenti di tutela contro gli abusi delle forze dell’ordine”.
In che modo? Occorre che “vengano modificate – si legge nel testo – le norme in modo che i condannati in via definitiva, anche a meno di 4 anni vengano automaticamente allontanate dalle forze dell’ordine, a cominciare dai quattro poliziotti riconosciuti colpevoli dell’omicidio di Federico (condannati a tre anni e mezzo, ndr)”.
Infine viene richiesto che “vengano determinate urgentemente modalità di riconoscimento degli appartenenti delle forze dell’Ordine in servizio, come avviene peraltro in molti paesi europei” e si rispetti il dettato “della Convenzione delle Nazioni Unite del 1984 contro la tortura e le altre pene o trattamenti inumani, crudeli o degradanti, ratificata dall’Italia nel 1988, introducendo anche nell’ordinamento italiano il reato di tortura”.