timbuktuKalashnikov, zappe e scalpelli in mano agli uomini di Ansar Dine danneggiano al grido di “Allah akbar” (Dio è grande) i mausolei considerati l’eredità di un mondo idolatra. Islamisti integralisti che hanno ormai occupato tutto il nord del Mali, hanno infatti distrutto sette tombe antiche nel Paese e l’entrata della moschea Sidi Yeyia a Timbuktu. Una porta che secondo alcuni veniva mantenuta chiusa da lungo tempo perché la sua apertura avrebbe portato sfortuna. Ne volevano così sfatare il mito. Un destino simile a quello dei Buddah di Bamyan in Afghanistan, e delle tombe dei seguaci di Maometto in Arabia Saudita.

L’assalto da parte dei militanti armati del gruppo fondamentalista di Ansar Dine, che ha legami stretti con Al-Qaeda, è stato lanciato appena due giorni dopo che l’Unesco ha dichiarato la città come un luogo in via di estinzione a causa del persistere della violenza nel nord del Mali. Secondo l’Unesco Timbuktu oltre alle tre moschee possiede 16 cimiteri e mausolei, ed è sede di quasi 100.000 manoscritti antichi, alcuni risalenti al dodicesimo secolo, conservati nelle case delle famiglie e in biblioteche private sotto la cura di studiosi religiosi. Un tesoro ora a rischio.

Secondo quanto riportato da Al Arabiya, un portavoce dell’Ansar Dine, Sanda Ould Boumama, avrebbe riferito che “Dio è unico. Tutto questo è haram (proibito nell’Islam). Siamo tutti musulmani. 
Ansar Dine distruggerà tutti i mausolei della regione senza eccezione perchè costruire tombe è contrario all’Islam”. Ha così concluso Boumama, volendo imporre un’applicazione rigorosa della legge della Sharia (la legge islamica) nella regione. E considerando proibita ogni forma di adorazione politeista, che metta cioè accanto a Dio altri santi. Gli abitanti della città considerata dei 333 santì protettori, venerati nel suo passato e lì sepolti, sono ora impotenti.

Il Mali è nel totale caos da marzo, da quando ci fu il colpo di stato da parte dei militari che hanno costretto alla fuga il presidente Amadou Toumani Toure, accusandolo di non aver provveduto ad addestrare sufficientemente l’esercito contro la ribellione dei Tuareg e degli Ansar Dine che mirano a rendere la regione settentrionale del Mali uno stato autonomo dove imporre la legge islamica della sharia. Ora il timore della comunità internazionale è che gli islamisti di Ansar Dine trasformino il Paese in una roccaforte per le attività terroristiche qaediste.

Nel frattempo si scopre anche che, secondo quanto riportato dal settimanale satirico francese Le Canard Enchaîné che si occupa di giornalismo investigativo, il Qatar, con la complicità della Francia, avrebbe finanziato la ribellione dei tuareg e dei gruppi islamici che hanno preso il controllo del nord del Mali.

Ma allora non sarà forse che gli interessi della ribellione si trovino nel sottosuolo del Mali, ricco di uranio e petrolio, piuttosto che nei santi nascosti dentro le moschee? Proprio nel nord del paese, scenario degli attuali combattimenti, sono state effettuate negli ultimi anni importanti esplorazioni alla ricerca di petrolio e gas naturale. Da non dimenticare anche che il Mali è il terzo produttore mondiale di oro, dopo Sud Africa e Ghana. 

Dunque la posta in gioco sarà forse la Guerra al terrorismo, ma certamente anche la difesa dei grandi interessi. 

(Foto Lapresse)

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