“Vietato l’ingresso ai giornalisti”. Questa la decisione presa dal sindaco di Lecce, Paolo Perrone: proibire agli operatori dell’informazione l’accesso a palazzo di Città, se non “in occasione di conferenze stampa, commissioni consiliari e consigli comunali oppure per chiedere informazioni utili alla loro attività professionale, dandone, in questo caso, preventiva comunicazione”. È questo il contenuto del singolare provvedimento ad hoc che dovrebbe regolamentare l’accesso di cronisti, cameraman e fotografi negli uffici di Palazzo Carafa.
“E’ una disposizione illegittima, il Comune non è mica roba sua”, sbotta la presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Puglia, Paola Laforgia, annunciando battaglia contro quello che per la categoria ha il peso di un vero e proprio bavaglio. Non si tratta di questo, invece, per il primo cittadino pidiellino, fresco di riconferma attraverso un plebiscito che gli ha assegnato il 64% delle preferenze, lo scorso 6 e 7 maggio. “Negli ultimi tempi – spiega Perrone – ho riscontrato una serie di atteggiamenti che hanno sconfinato, a volte, nella maleducazione da parte di alcuni operatori. C’è chi staziona quasi quotidianamente dietro la porta del mio ufficio e nelle stanze della mia segreteria, pronto ad effettuare riprese con la telecamera o con i telefonini. Si tratta di comportamenti che hanno finito, da un lato, per ledere il diritto alla privacy dei cittadini e, dall’altro, per alimentare confusione all’interno degli uffici di Palazzo Carafa, in particolare nella mia segreteria e nel settore Comunicazione”.
Casus belli è stata la pubblicazione su un’emittente locale di una fotografia che, nella giornata di ieri, ritraeva l’ex sottosegretario agli Interni, Alfredo Mantovano, nella sala d’attesa del sindaco. “Per discutere dell’Imu”, è stata la versione ufficiale. Invece, stando ad alcune fonti giornalistiche, al centro del confronto ci sarebbe stata l’uscita dal gruppo storico dei “mantovaniani” del consigliere comunale Giuseppe Ripa, l’ex assessore al Traffico costretto a dimettersi, a gennaio, per le offese all’indirizzo del Presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, apostrofato sul suo profilo facebook come “signorina”. Nell’uno o nell’altro caso, ad ogni modo, si è trattato di una notizia di interesse pubblico.
Eppure, Perrone non ci sta. “So bene che in qualità di sindaco non ho diritto alla privacy – continua – ma è altrettanto evidente che tale prerogativa appartiene a tutti i liberi cittadini, più o meno noti all’opinione pubblica, che hanno l’esigenza e la necessità di incontrare il sindaco, senza rischiare di finire a loro insaputa sugli schermi di qualche tv locale o sulle pagine dei giornali a causa di qualche ‘imboscata’ di giornalisti a caccia di pseudo scoop. Non ritengo che sia questo il modo migliore di fare informazione. Di certo non fa parte del ‘pedigree’ professionale della stragrande maggioranza di operatori che ogni giorno con serietà e impegno svolgono il loro lavoro nella nostra città. Il mio intendimento, dunque, non è certo quello di porre un bavaglio all’informazione che è e deve restare libera e indipendente”.
“Non accettiamo gli insulti – risponde a muso duro da Bari Paola Laforgia – perché è vero che non è possibile che un reporter origli dietro la porta, ma non credo che questo sia il caso. E comunque qui viene leso un principio fondamentale, quello per cui la vita del municipio dev’essere assolutamente trasparente”.
Ci va giù in maniera ancora più pesante il presidente regionale di Assostampa, Raffaele Lorusso: “Forse Perrone è ancora sotto gli effetti della sbornia elettorale. Capisco il successo plebiscitario, ma nessun risultato, per quanto tale, può giustificare provvedimenti di natura autoritativa e questo è decisamente fuori dal mondo, inammissibile. È la negazione del diritto di cronaca ed è anche un paradosso, perché impedisce a chi ha il dovere di informare i cittadini di entrare in quella che è la casa di tutti loro. Ci riserviamo, fatte le opportune valutazioni, di impugnare la decisione nelle sedi competenti. Il sindaco non si consideri affatto il padrone del Comune”.