Le attuali reti a banda larga potrebbero essere presto considerate “lente”, se la recente ricerca di un team internazionale di studiosi – che include ricercatori della University of South California, della Tel Aviv University e del Jet Propulsion Laboratory della Nasa, ma anche colleghi cinesi e pakistani – continuerà a ottenere i risultati già osservati nella prima fase di simulazione. L’idea alla base di questo studio, sintetizzata in un articolo recentemente pubblicato su Nature Photonics, è quella di manipolare raggi di luce tramite ologrammi di fase 8, per farli attorcigliare e assumere la forma elicoidale del Dna. Questo sistema, che codifica le curve di ogni singolo raggio come “1” e “0”, producendo un flusso di dati indipendenti ciascuno – simile ai canali separati in radio – consentirà di trasferire dati ad una velocità 85mila volte superiore all’attuale banda larga.
Si parla infatti di un potenziale di 2.56 terabit al secondo: per capire l’entità della scoperta basta pensare che il cavo a banda larga con cui quotidianamente navigano milioni di utenti supporta fino a 30 megabit al secondo. Nella fase attuale della ricerca, gli studiosi sono riusciti a simulare con successo il trasferimento dati tra due postazioni di laboratorio ad una velocità di un terabit per secondo, come ha spiegato Alan Willner della USC Viterbi School of Engineering. “La luce permette di fare cose che l’elettricità non permette. È questa la sua bellezza: è un gruppo di fotoni che può essere manipolato in modi differenti e ad altissime velocità”, ha detto Willner. I potenziali utilizzi sono praticamente infiniti: questo sistema, ha precisato Willner, potrebbe consentire di costruire collegamenti ad alta velocità con i satelliti o tra località lontane nello spazio, fino all’integrazione con l’internet a fibra ottica.
La ricerca è stata finanziata dalla Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA), l’agenzia governativa del Dipartimento americano della Difesa incaricata dello sviluppo di nuove tecnologie per uso militare. “Questo non è un caso – spiega Paolino Madotto, esperto in Innovazione – perché la DARPA ha finanziato gran parte degli studi che hanno portato all’implementazione di tecnologie oggi di uso comune, nate con finalità militare ma con grandi ricaduti nel civile”. Ma quali effetti concreti potrà avere la scoperta dei fasci luminosi “attorcigliati”? “Le conseguenze sono infinite – prosegue Madotto – perché apre le porte a tantissimi usi. Anche se oggi una connessione veloce è sinonimo di fibra ottica, il wireless è sempre più competitivo, come risvolto della diffusione sempre più massiccia e geograficamente trasversale di smartphone, tablet e in generale di dispositivi mobili. Ci sono ancora grandi margini per scoperte di questo genere: basti pensare alla recente ricerca di Fabrizio Tamburini, dell’Università di Padova, che insieme ai colleghi dello Swedish Institute of Space Physics di Uppsala ha capito come attorcigliare le onde radio, dando loro la forma di fusilli”.
Possiamo quindi attenderci una nuova rivoluzione tecnologica? “Dalla ricerca scientifica all’ingegnerizzazione passa sempre qualche anno – dice Madotto – ma è lecito attendersi che scoperte simili possano trasformare la connettività, soprattutto per quanto riguarda il wireless. E dal momento che c’è un bisogno di mobilità enorme e contestualmente una grande fame di banda larga senza fili, direi di sì: nel giro di qualche anno potremmo cominciare a vederne gli effetti concreti”.
di Chiara Di Martino