Il magistrato era stato intercettato al telefono con Mancino. La pratica è stata assegnata alla Prima Commissione, quella competente sui trasferimenti d’ufficio dei magistrati ed è stata avviata su sollecitazione dei consiglieri di Magistratura Indipendente
Il Csm ha aperto un fascicolo sul procuratore aggiunto di Roma Nello Rossi, per la telefonata intercettata nell’ambito dell’inchiesta della procura di Palermo sulla trattativa tra Stato e mafia, con l’ex vice presidente del Csm Nicola Mancino. La pratica è stata assegnata alla Prima Commissione, quella competente sui trasferimenti d’ufficio dei magistrati ed è stata avviata su sollecitazione dei consiglieri di Magistratura Indipendente, dopo che il testo della conversazione era stato pubblicato da alcuni quotidiani.
La conversazione, in cui il magistrato, esponente storico di Magistratura democratica, tranquillizza Mancino, è stata intercettata nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta trattativa tra Stato e mafia della Procura di Palermo. Nei giorni scorsi il procuratore aggiunto Antonio Ingroia ha più volte sottolineato le difficoltà incontrate a indagare su un tema così delicato che sfiora e in alcuni casi coinvolge pezzi importanti dello Stato se non istituzioni. Nel giugno scorso la Procura di Palermo ha chiuso le indagini per dodici persone: Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca, Antonino Cinà, Salvatore Riina e Bernardo Provenzano, gli ufficiali del Ros Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, gli esponenti politici Calogero Mannino e Marcello Dell’Utri. Devono rispondere dell’art. 338 del codice penale: violenza o minaccia a corpi politici dello Stato, aggravata dall’art. 7 per avere avvantaggiato l’associazione mafiosa armata Cosa nostra e “consistita nel prospettare l’organizzazione e l’esecuzione di stragi, omicidi e altri gravi delitti (alcuni dei quali commessi e realizzati) ai danni di esponenti politici e delle istituzioni a rappresentanti di detto corpo politico per impedirne o comunque turbarne l’attività”. Insieme a loro presto anche l’ex ministro dell’Interno, Nicola Mancino per falsa testimonianza e il figlio di don Vito, Massimo Ciancimino per concorso esterno alla mafia e per calunnia nei confronti dell’ex capo della polizia Gianni De Gennaro.