Il 2 agosto 2008 Lucia Muro venne massacrata dal marito insieme alla madre. Sposata da poco più di due mesi era tornata a casa dei genitori perché vittima di pestaggi da parte del coniuge. La Suprema corte ha accolto il ricorso dell'imputato perché in questo caso le colpì "solo" per uccidere
Il fatto era accaduto il 2 agosto 2008, quando Lucia Di Muro, moglie dell’imputato da poco più di due mesi e già tornata a vivere dai suoi genitori con l’intenzione di chiedere la separazione a causa dei frequenti pestaggi subiti dal coniuge, era andata con la madre presso la casa coniugale per riprendere alcune delle sue cose. Valentino aveva reagito con violenza, culminata con il massacro delle due donne, colpite con numerose martellate al volto e alla testa.
Ora la Cassazione (prima sezione penale, sentenza n.25835) ha ritenuto fondato il ricorso dell’imputato sul punto della circostanza aggravante: questa “ricorre – scrivono gli alti giudici – quando le modalità della condotta rendono evidente in modo obiettivo e conclamato la volontà dell’agente di infliggere alla vittima sofferenze gratuite, inutili, ulteriori e non collegabili al normale processo di causazione dell’evento morte, sì da costituire un qualcosa che va oltre l’attività necessaria per consumare il reato, in tal modo rendendo la condotta dell’agente particolarmente riprovevole e ripugnante agli occhi della collettività per la gratuità e superfluità dei patimenti cagionati alla vittima con un’azione efferata, rivelatrice di un’indole malvagia e priva dei più elementari sentimenti di umana pietà“.
Deve dunque trattarsi, ricorda la Cassazione, di “comportamenti con i quali il soggetto, una volta deliberato di causare la morte della vittima, intende altresì protrarne nel tempo lo stato di disagio e di sofferenza, arrecandole sensazioni dolorose per così dire, ‘eccentriche’, siccome non direttamente finalizzate a procurare il già deliberato evento morte”. Nel caso in esame, si legge nella sentenza, “risulta invece che il ricorrente abbia solo ed esclusivamente colpito ripetutamente le due vittime in parti vitali con un martello, continuando a ripetere con veemenza e furore solo gesti pienamente compatibili con la deliberata finalità di uccidere le due vittime, sì che il suo comportamento non può obiettivamente ritenersi caratterizzato dalla crudeltà nel senso sopra delineato, atteso che le numerose martellate inferte alle due donne hanno avuto tutte solo ed esclusivamente la finalità di togliere loro la vita“.