Che a Fukushima il “disastro naturale” c’entrasse poco e che la responsabilità umana fosse evidente, l’avevamo già scritto nel rapporto “Lezioni da Fukushima” che abbiamo presentato a un anno dall’incidente, affermando che si era trattato del fallimento dei principi della gestione del rischio, che sono stabiliti dagli uomini.

È chiaro che ci sono state negligenze specifiche, sin dalla costruzione del reattore quando, per ragioni di economicità, era stata spianata una collina per portare l’impianto a livello del mare (diversamente, l’onda dello Tsunami non avrebbe avuto l’effetto che ha avuto). Ricordiamo che l’incidente di Fukushima come scenario in conseguenza di un lungo black-out era stato analizzato negli anni ottanta dall’Oak Ridge Laboratory americano che aveva stimato in 13 ore il tempo necessario alla fusione del nocciolo di un reattore Bwr da 1000 Mw. Lo studio fu consegnato alle autorità giapponesi nel 1990, ma lo scenario fu escluso perché un black-out così lungo in Giappone non era pensabile!

La componente umana della sequenza di errori compiuti dai diversi attori identificata dal rapporto – il gestore dell’impianto, l’autorità di controllo (priva di ogni autonomia), il governo – rappresenta infatti un fallimento strutturale del sistema di sicurezza nucleare, non un semplice “errore umano”: e semmai così fosse – e non è – la situazione sarebbe paradossalmente ancora più grave, gli errori umani sono inevitabili! Proprio questo fallimento dei principi stessi della sicurezza nucleare dovrebbe far cambiare idea al governo del Giappone, cui Greenpeace ha inviato una lettera: il riavvio dei reattori di Ohi è una scelta sconsiderata, proprio perché non ci sono stati cambiamenti nel sistema che dovrebbe garantire la sicurezza nucleare giapponese.

È assurdo che proprio per quei reattori due esperti geologi abbiano lanciato un allarme sulla loro inadeguatezza per il rischio sismico. Va sottolineato che in più di un anno il Parlamento giapponese non è riuscito ad approvare una legge che dia alle autorità di controllo piena autonomia dal governo. Un altro allarme viene dall’Istituto norvegese Bellona e riguarda la piscina del reattore n.4, piena di barre di combustibile in gran parte irraggiato. La piscina è a rischio collasso e potrebbe potenzialmente produrre un rilascio di radiazioni da 3 a 10 volte superiore a quella del marzo 2011. Le autorità giapponesi assicurano che la piscina (che si è nel frattempo inclinata) reggerebbe anche in caso di terremoto. Vedremo se a questo allarme e, soprattutto, alla minimizzazione del problema verrà data almeno una spiegazione tecnicamente convincente e trasparente.

Nel frattempo, tanto per aggiornarci, tracce di cesio radioattivo sono state riscontrate nelle urine dei bambini di Fukushima mentre tracce di isotopi del Plutonio sono stati rilevati in pesci di profondità a 37 km dalla centrale e tassi anche molto elevati di Cesio nelle analisi su altre 23 varietà di pesce.

 di Giuseppe Onufrio (direttore esecutivo Greenpeace Italia)

 

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