Reparti che chiudono, carenza di personale, trasferimento di bambini e adolescenti con malattie acute e croniche nei reparti con adulti: “I segnali di quello che sembra uno smantellamento pezzo per pezzo dell’assistenza pediatrica in Italia sono sotto gli occhi di tutti”, denunciano i pediatri. Ecco perché dicono basta e chiedono al ministro della Salute che i tagli previsti dalla spending review non tocchino i più piccoli. L’appello, forte e chiaro, è lanciato dalla Società italiana di pediatria, che insieme ad altre 34 associazioni e il Garante per l’Infanzia, ha scritto il “Manifesto per il diritto alla salute e al benessere dei bambini e degli adolescenti in Italia”.
La situazione è preoccupante secondo i pediatri. Sono sempre più numerosi infatti i reparti di pediatria che vengono chiusi in tutta la penisola, per effetto di tagli già in essere, o destinati alla chiusura, per effetto di nuove e imminenti restrizioni. Solo in Calabria hanno chiuso i battenti 5 reparti di pediatria e altri 2 chiuderanno a breve. In totale, ne sono rimasti 11 contro i 18 preesistenti. Nel Lazio è chiuso il reparto di Anzio-Nettuno, e sta chiudendo la pediatria di Latina per mancanza di pediatri, mentre in Molise il reparto di pediatria dell’ospedale San Timoteo di Termoli viene accorpato nei mesi estivi a quello di otorinolaringoiatra, per permettere ai sanitari di andare in ferie. Così i bambini sotto il mese di vita saranno assistiti nel reparto di ginecologia, e quelli da un mese in su dovranno farsi curare nel reparto degli otorini. I tagli alla spesa sanitaria e sociale, denuncia il Manifesto, “stanno mettendo a rischio quel carattere di universalità e di specializzazione della pediatria italiana che rappresenta una grande conquista di questo secolo”.
E non finisce qui. Dalla Conferenza Stato-Regioni arrivano, denunciano le associazioni, altre notizie non meno inquietanti: è infatti in discussione l’abolizione del corso di laurea di Infermiere Pediatrico, che porterebbe, di fatto, alla scomparsa dell’infermiere specializzato nell’area pediatrica. Ma una proposta “ancora più pericolosa” è quella, maturata in seno agli assessorati regionali alla Sanità, di affidare ai medici di medicina generale l’assistenza sanitaria dei bambini dai 6 anni in su.
Un progetto che sembrava essere tramontato qualche mese fa e che invece, temono i firmatari, rischia di riemergere nel Patto per la Salute 2013-2015. “Così si mette in discussione – spiega il presidente Sip, Alberto Ugazio – il diritto dei bambini di essere assistiti da personale specializzato e curati in ambienti ‘a misura di bambino’. Si tratta di conquiste di civiltà che fanno parte degli ultimi 50 anni di storia dell’Italia”. Il messaggio al governo dunque è chiaro: “Promuovere la salute dei bambini di oggi – conclude il Manifesto – significa anche ridurre il numero di adulti e anziani malati di domani, destinati ad assorbire la quota di gran lunga più rilevante della spesa sanitaria”. Ciò a fronte di dati che parlano da soli: l’Italia, ricordano i pediatri, destina alla spesa sanitaria per i bambini fino a 14 anni il 2% della spesa sanitaria globale, ed ai benefici sociali per la famiglia ed i bambini poco più dell’1% del pil, contro il del 2,5% della Francia, il 3,2% della Germania e il 2,2% della media europea.