Capace di vincere in pianura come in salita, a soli 22 anni il ciclista della Liquigas si impone tra i possibili vincitori della Grande Boucle. A sorpresa, visto che i bookmakers per lui non hanno nemmeno stabilito una quota
Impressionante. Una progressione incredibile dove si fondono classe, potenza, intelligenza e consapevolezza di possedere mezzi superiori alla media. Scattato a poche decine di metri dall’arrivo, Peter Sagan ha messo in fila uno per uno tutti i grandi velocisti e con una volata superlativa è arrivato solo al traguardo. Al Tour de France è nata una stella: è ufficiale. L’hanno già soprannominato ‘il piccolo cannibale’, in omaggio alla giovane età e al ‘cannibale’ Eddie Merckx, che negli anni ‘70 e ‘80 vinceva tutto senza lasciare nemmeno le briciole agli avversari. La Gazzetta dello Sport giorni fa gli ha dedicato una doppia pagina, sotto al titolo ‘Tourminator’. Perché Sagan, ciclista slovacco di soli 22 anni, a questo Tour si sta rivelando un dominatore oltre ogni aspettativa. Oggi ha vinto la terza tappa in sei giorni di corsa.
Domenica a Seraing e martedì a Boulogne-sur-Mer, il piccolo fuoriclasse Sagan ha messo in fila tutti quanti in un finale ondulato e a strappi, staccando gli avversari con la classe e l’arroganza di un consumato campione e andando a vincere in scioltezza da solo. Oggi a Matz ha superato di pura potenza velocisti del calibro di Greipel e Gos. Il peculiare percorso di questa Grande Boucle, con pochi arrivi in salita e ancor meno montagne, unito alle caratteristiche da corridore completo dello slovacco, ne potrebbero fare il vincitore a sorpresa della corsa sugli Champs-Élysées, il 22 luglio a Parigi. Talmente a sorpresa, che i bookmakers non hanno nemmeno stabilito una possibile quota per Sagan vincitore.
Eppure Sagan, capace di vincere in pianura come in salita, in volata e con azioni da finisseur, da talento predestinato alle corse di un giorno – il suo sogno è sempre stato la Parigi-Roubaix – potrebbe trasformarsi in dominatore delle corse a tappe. Anche perché, di essere un talento poliedrico l’ha già mostrato. I suoi inizi sono infatti in mountain bike, dove da ragazzino fa incetta di titoli. Passato professionista su strada nel 2009, l’anno seguente mette in fila vittorie di tappa nei giri minori, dimostrandosi capace di staccare grandi nomi, e l’anno scorso porta a casa delle tappe sia al Giro di Svizzera che alla Vuelta spagnola.
Quest’anno l’esplosione definitiva. Una tappa alla Tirreno-Adriatico davanti a Nibali e Kreuziger, tanto per gradire. Poi comincia a mettere la sua impronta indelebile sulle grandi classiche: quarto alla Milano-Sanremo, secondo alla Gand-Wevelgem, terzo nella Amstel Gold Race. E, per prepararsi al Tour, vince 5 tappe su 8 al Giro della California e poi 4 tappe al Giro di Svizzera. Mica male come allenamento per un ragazzino che, come obiettivo stagionale, avrebbe quello delle Olimpiadi di Londra 2012.
Per festeggiare la sua seconda tappa, Sagan aveva tagliato il traguardo mimando un uomo che corre. Come Forrest Gump, aveva spiegato: “A lui dicevano di correre, e correva, a me chiedono di vincere, e io vinco. Mi piace fare qualcosa che faccia sorridere la gente. Quando guardo lo sport in tv mi è sempre piaciuto chi aggiungeva divertimento alle sue vittorie, come Valentino Rossi. Ora che vinco, cerco di fare lo stesso”. Oggi ha festeggiato omaggiando la sua maglia verde, stringendo le braccia e mostrando i muscoli come fosse Hulk. (E come aveva fatto Balotelli dopo il gol contro la Germania). Il baby fenomeno si diverte e vuole far divertire gli appassionati.
Roberto Amadio, il general manager che l’ha voluto alla Liquigas, se lo mangia con gli occhi. I compagni Nibali – il capitano – e Basso – il gregario di lusso – lo aiutano e lo proteggono. E già si sprecano i paragoni. Argentin, Jalabert, Museeuw, Maertens: corridori diversi con un tratto in comune, aver fatto la storia del ciclismo. Ne ha ancora molta di strada da fare e di polvere da inghiottire il piccolo Peter Sagan, prima di arrivare in cima all’Olimpo dei più grandi, ma la pedalata sembra quella giusta. Al Tour è nata una stella. Che gli dei del ciclismo la proteggano e la facciano splendere sempre più luminosa: le due ruote hanno bisogno di eroi giovani, belli e divertenti. E soprattutto puliti.