Viaggio nella struttura specchio della sanità lombarda: si toglie al pubblico per dare al privato tra sprechi - un eliporto mai utilizzato - e molte spese: dai 200mila euro usati per rifare gli uffici della presidenza del dg Antonio Mobilia ai 700mila usati nei lavori per il nuovo ingresso
Da giorni molti cittadini che si presentano al San Carlo, uno degli ospedali più grandi di Milano, si vedono dirottati in strutture dell’hinterland. Il perché è presto detto: la direzione sta togliendo i posti letto. Una diminuzione, annotata nel “Piano di accorpamento estivo 2012”, che da martedì 2 luglio fissa il numero massimo a 310, il 44 per cento in meno rispetto ai 548 di giugno. La sforbiciata resterà tale fino a ottobre, quando si tornerà ad averne 483, cifra che fotografa una diminuzione del 12 per cento. La situazione si prospetta critica per una struttura il cui pronto soccorso è visitato, ogni anno, da oltre 90mila persone. Un dramma causato dalla necessità di non gravare sul bilancio. Ed ecco allora che il direttore generale Antonio Mobilia punta dritto sui posti letto. Il taglio è collegato alle ferie non godute dai dipendenti e che pesano sui conti della struttura. Conti che non sempre tornano, come nel caso delle indennità di produzione e risultato ai medici. Circa tre milioni non pagati dal 2006 al 2011. Da qui un contenzioso con la presidenza che tra pochi giorni atterrerà sul tavolo del Prefetto per un tentativo di conciliazione.
SANITÀ lombarda, dunque, il fiore all’occhiello del presidente Roberto Formigoni che da un lato, per mano del suo dg Carlo Lucchina (indagato) vara la cosiddetta “legge Daccò” (dal nome del consulente accusato di corruzione assieme al governatore lombardo) per rimpinguare, attraverso i rimborsi, le casse di fondazioni no profit come la Maugeri, mentre dall’altro chiede agli ospedali pubblici di ragionare come aziende private per tenere i bilanci in ordine. Responsabilità solo della Regione? Non proprio. Perché alla base dell’emergenza ci sono anche scelte economiche poco oculate della stessa direzione sanitaria. Per capirlo basta spulciare tra delibere e appalti licenziati, a partire dal 2008, dal dg Antonio Mobilia, già direttore della Asl di Milano, politicamente vicino ai La Russa, con i quali (Romano, in particolare, attuale assessore regionale alla Sicurezza, indagato per finanziamento illecito), da sempre condivide affollati pranzi nella mensa del San Carlo.
Appena nominato, Mobilia dichiara pubblicamente che “l’ospedale va rifatto totalmente”. Ma subito dopo getta sul tavolo circa 200mila euro per rifare gli uffici della sua presidenza. A stretto giro di ruota arrivano i lavori per la costruzione di un eliporto. Appalto affidato alla ragusana Elisicilia e taglio del nastro nel febbraio 2010 (a ridosso delle elezioni regionali) con la presenza del governatore Formigoni. Ad oggi, sostengono i sindacati, la struttura è poco utilizzata, anche perché i codici rossi quasi sempre sono dirottati in altri ospedali. E nonostante questo vengono spesi circa 10mila euro al mese per la gestione di un impianto antincendio. Nel frattempo alcune sale operatorie restano inagibili, gli ascensori funzionano a singhiozzo e le tubature dell’intera struttura (costruita nel 1967) stanno marcendo. Un po’ di soldi (circa tre milioni) arriveranno dalla Regione che il 3 luglio ha stanziato un tesoretto da 30 milioni per il restyling edilizio di 13 ospedali.
IN ATTESA del contante, per capire come girano le cose basta fare quattro passi fra reparti e corsie. Appena arrivi inciampi nei lavori per il nuovo ingresso: 700mila euro di appalto. Lavori iniziati a maggio e subito stoppati. Motivo? Amianto. Ma per la direzione del San Carlo “la conoscenza delle tecnologia costruttiva” escludeva “la presenza di materiali pericolosi”. Una valutazione a dir poco superficiale, visto che da tre anni i lavori di ristrutturazione del reparto pediatrico sono bloccati proprio a causa dell’amianto. Fili scoperti e soffitti mancanti corrono, invece, per buona parte della radiologia. Anche qui niente operai e tutto fermo. La ditta (siciliana) è fallita. In piedi resta un appalto da 700mila euro. A far da corollario finale nella lista degli sprechi la partita delle consulenze esterne che nel bilancio 2009 hanno superato il milione di euro. Il tutto a fronte di duemila assunti.
da Il Fatto Quotidiano del 4 luglio 2012